Il 27 gennaio 2016 il CEO Carlo Bozotti ha illustrato una riorganizzazione di STMicroelectronics annunciando il ridimensionamento del settore digitale, con l’uscita dal mercato del gateway e del set-top-box. Le RSU di Agrate Brianza e Castelletto valutano che, ancora una volta, si sia mancato l’obiettivo di imprimere una svolta decisiva al declino che l’azienda sta vivendo da vari anni.
ST è in rigorosa cura dimagrante dal 2007 con la cessione del ramo memorie prima e con la sfortunata operazione ST-Ericsson poi; ha drammaticamente perso quote di mercato, tanto da passare dal quinto posto (2005) al dodicesimo posto (2015) nel ranking mondiale delle più grandi aziende di semiconduttori per quanto riguarda il TAM (Total Available Market) e collocandosi solo quinta nel SAM (Served Available Market). A fronte di una contrazione del fatturato e delle perdite di quote di mercato il Consiglio di Amministrazione (CdA) ha continuato ad approvare una ricca ed ingiustificata distribuzione dei dividendi: se fino al 2006 l’entità dei dividendi seguiva in qualche modo l’andamento economico dell’azienda, dal 2007 è cominciata una distribuzione di dividendi cospicui anche in anni di bilancio in rosso.
La spericolata operazione Numonyx/Micron, il cui ultimo atto si consumerà a maggio di quest’anno con la chiusura del consorzio, ci lascia privi di importanti competenze tecniche e con il rapporto di fiducia tra azienda e parti sociali profondamente incrinato. L’azienda va sempre più ridimensionandosi rinunciando ad importanti settori di mercato guidata più da logiche finanziarie a tre mesi che da una strategia complessiva di ampio respiro. E’ dal 2007 per esempio che il nostro gruppo dirigente non fa più lo sforzo di costruire una “vision” a cinque anni. Chi ci guida non è in grado di immaginare i cambiamenti del futuro, insegue affannosamente la profittabilità immediata senza avere come orizzonte la crescita del fatturato e la tutela della produzione industriale. Manca inoltre un piano preciso di ricerca e sviluppo e potenziamento della produzione che possa intercettare i fondi europei stanziati dalla Commissione a questo fine nell’ambito del programma europeo Horizon 2020.
Inoltre il governo italiano, attraverso il Ministero dell’Economia, detiene quote azionarie che gli consentirebbero di agire da protagonista, indirizzando il board verso scelte di sviluppo industriale e investendo sul nostro settore vero asset strategico per il nostro Paese. Il pressing sulle istituzioni italiane ed europee, a nostro parere, sarebbe quindi importante: i sindacati da tempo vi stanno lavorando e su questa partita potremmo giocare in sinergia con l’azienda.
Ad ulteriore aggravio notiamo che le strategie di vendita dei nuovi prodotti sviluppati sono inoltre poco chiare e hanno difficoltà a realizzarsi; si veda ad esempio l’incertezza nel perseguire la crescita nel mass market e la difficoltà di collocazione nel mercato dei nuovi prodotti MEMS.
Riorganizzazione delle divisioni in Italia
Nella riorganizzazione del 27 gennaio a pagare scelte strategiche sbagliate sono solo i lavoratori e le lavoratrici con 1400 tagli occupazionali in India (670), Francia (430), Usa (120) ed in più 600 riqualificazioni, senza nessuna discontinuità significativa nelle politiche del gruppo dirigente.
Vediamo nello specifico, dalle informazioni ad oggi a nostra disposizione, quale è la situazione delle principali divisioni che interessano l’Italia.
ADG (Automotive and Discrete Group): divisione nata dalla fusione della APG con la parte dispositivi discreti di IPD, rappresenta per ST circa il 40% del fatturato. La divisione è completamente focalizzata sull’automotive, mercato, in crescita che, oltre a comprendere i tradizionali ambiti della sicurezza e dell’intrattenimento in auto, sempre più si concentra su applicazioni per ADAS (Advanced Driver Assistance Systems): mentre per i primi due settori la tecnologia utilizzata è soprattutto quella smart power BCD, per l’ultimo è quella digitale dei microprocessori. La tecnologia BCD è sviluppata e in gran parte prodotta su macchinari a 8 pollici in Italia, e non è una tecnologia particolarmente spinta se paragonata a quella impiegata nelle memorie e nei processori che viene completamente prodotta in Francia con nodi tecnologici e macchinari avanzati - anche a 12 pollici. La divisione sta assumendo un assetto transnazionale in quanto sono sempre più i prodotti e le tecnologie in ambito automotive disegnate e sviluppate in Francia, utilizzando anche tecnologie storicamente italiane come ad esempio la tecnologia di punta in fase di sviluppo PCM con FD-SOI a 28 nm.
Per quanto riguarda i BCD uno dei principali clienti di ST, con cui sussiste un rapporto di stretta collaborazione per la progettazione e anche la produzione, potrebbe ridimensionare la produzione interna beneficiando in tal modo la produzione di ST. Per dare prospettiva a questa partnership e per acquistare ulteriori fette del mercato automotive in espansione, ST dovrà attrezzarsi più solidamente in termini manifatturieri in Italia e per questo motivo è in previsione (al momento rimane solo qualcosa più di un annuncio) il potenziamento della linea produttiva a Catania. Manca invece ad oggi un piano di potenziamento del sito di Agrate ed in particolare di AG8. L'R&D deve essere valorizzata da un investimento su una linea a 12 pollici che consentirebbe di rilanciarne le attività: il piano di investimenti di 250Bil$ annunciato dalla DA in questi anni – e più volte rimandato – per il sito brianzolo ancora non si concretizza.
Technology & Manufacturing: la ristrutturazione annunciata in gennaio 2016 dal CEO ha posto la parte manifatturiera e di sviluppo tecnologico, tipicamente italiana, nelle mani di un manager francese: temiamo che questa scelta possa avere delle conseguenze negative sia in termini di produzione che di R&D nei siti del nostro paese.
Questa preoccupazione si lega strettamente anche alla riorganizzazione voluta all'interno delle divisioni: pezzi importanti sono stati accorpati in Italia (situazione ben visibile nella divisione ADG) e non è ancora chiaro quali possano essere le conseguenze di probabili sovrapposizione tra i siti di Agrate e Catania. In questo quadro, il centro di R&D di R2 in Agrate, che con la cessione delle memorie a Micron ha visto fortemente depauperato il suo patrimonio di conoscenze e le sue sinergie anche con il mondo accademico, si è avviato verso un ruolo meramente produttivo, mentre necessita di un rilancio che solo gli investimenti promessi e non ancora stanziati potrebbero garantire.
Back End (BE): Ormai da molti anni gli ultimi passaggi del processo produttivo dei dispositivi a semiconduttori vengono svolti esclusivamente in siti del Sudest Asiatico, nel Nord Africa e a Malta, seguendo tecnologie già consolidate. La crescente necessità di abbattere il costo dei dispositivi senza perdere efficienza ha portato ST a ricercare nuove soluzioni tecnologiche e nuovi materiali. Questi successi potrebbero essere ulteriormente rafforzati dalla costruzione di una mini linea produttiva a supporto della R&D di BE già presente in Agrate, perché permetterebbe di realizzare processi industriali completi, subito esportabili nei siti di produzione di massa.
AMG (Analog and MEMS Group): è nata dalla fusione tra una parte della IPD (dispositivi di potenza per applicazioni industriali e consumer) e dalla AMS (MEMS).
Vi lavorano in totale circa 2000 persone tra R&D e divisione cui vanno aggiunti i lavoratori della produzione (FTM). Rappresentava 1/3 del business analogico di ST ma negli ultimi anni è in sofferenza: il suo fatturato è in calo ormai dal 2011 dopo aver raggiunto l’apice con i dispositivi MotionMems non è più stata in grado di ampliare il suo market share subendo fortemente la concorrenza in grado di essere più veloce ed economica della ST stessa. La produzione è calata notevolmente perché i prodotti storici a basso contenuto tecnologico, i MotionMems, non sono competitivi come prezzo di vendita rispetto ai prodotti dei competitor, fatti in Cina: quando ST era leader, li vendeva a 1$ adesso il mercato li compra a 10 cent di $. D’altro canto le tecnologie MEMS non motions, su cui ST sta puntando (sensori audio, mirror, piezoelettrici), tardano a trovare sbocco, sicuramente per difficoltà tecnologiche ma soprattutto perché manca una visione strategica delle prospettive e delle richieste dei potenziali clienti/mercati.
Inoltre i MEMS per applicazioni automotive, che sarebbero un mercato più solido con uno stretto rapporto di fidelizzazione con il cliente, sono prodotti solo marginalmente (100-200 fette a settimana) e la situazione è complicata dal fatto che uno dei principali competitor è anche uno storico ed importante cliente della divisione ADG. Questo strategico mercato dei sensori per automotive richiede maggiori sinergie tra le divisioni coinvolte rispetto a quelle fino ad ora realizzate ed una strategia di penetrazione nel mercato – anche extraeuropeo – che fino ad ora non si è realizzata con risultati apprezzabili: inoltre l’attuale organizzazione della AMG non sembra andare in tale direzione, ma mostra invece segnali di sterile competizione tra i gruppi ADG e AMG.
EX IPD
L’IPD è stata una divisione che ha concentrato, sopratutto per i Power MOS, ricerca tecnologica, ricerca di prodotto e produzione nel plant Catanese. La decisione di smembrare questa divisione e inserirla in due divisioni che hanno il loro quartier generale fuori da Catania non corrisponde sicuramente a una visione di prospettiva per il sito catanese, con il forte rischio di renderlo marginale, soprattutto nel medio periodo.
In conclusione possiamo affermare che il piano di riorganizzazione presentato il 27 gennaio mostra forti criticità.
A fronte di un ennesimo annuncio di esuberi e di un nuovo preoccupante ridimensionamento con la rinuncia a nuovi settori di mercato manca un ambizioso piano di rilancio.
In dieci anni ST ha abbassato del 25% il suo giro d’affari, ha ridotto gli investimenti del 75% e ha licenziato 6500 addetti.
Il piano del 27 gennaio non ci pare un cambio di rotta, ma un semplice arroccarsi su prodotti e divisioni che offrono un fatturato per ora sicuro: senza una visione strategica forte ben presto nuove crepe si apriranno anche nei bilanci per ora in attivo delle divisioni rimaste.
A fronte di questa analisi:
CHIEDIAMO
-
Un cambio di strategia
E’ necessario cambiare radicalmente i valori ed i criteri su cui sono basate le scelte strategiche ed industriali di ST, ridimensionando fortemente la continua rincorsa verso una “appetibilità” sui mercati finanziari in favore di una scelta industriale di consolidamento, sviluppo e innovazione. La visione a breve termine e d’emergenza va superata, puntando ad obiettivi di crescita ambiziosi e facendo le conseguenti scelte strategiche. La concorrenza dei nostri competitor si vince non solo puntando sui costi, ma anche sull’innovazione. Solo a fronte di una vera svolta strategica diverrebbe sensato – se non addirittura necessario - cercare “interpreti” più adatti per un nuovo corso. I governi di Italia e Francia che hanno avallato, da oltre 10 anni, questo corso ed indirizzato le scelte del CdA, oggi devono assumersi la responsabilità di una svolta profonda e importante. Quest’azienda ha bisogno di investimenti a sostegno della crescita, e per questo va utilizzato anche il denaro destinato negli anni recenti ai dividendi, erogati assurdamente anche quando ST perdeva denaro. La nuova occasione dell’Internet of Things con i 3 elementi principali, che sono sensore, connettività e microcontrollori, deve coinvolgere pesantemente i siti italiani, dove sono presenti competenze che sono all’avanguardia.
-
L’impegno convinto del governo italiano e delle istituzioni locali
Va mantenuta la parità fra Italia e Francia, nel pacchetto azionario così come nella gestione dell’azienda. L’abbandono di questo assetto creerebbe gravissimi pericoli per la parte italiana, soprattutto per il settore industriale. Il ruolo che svolge il governo italiano deve diventare attivo e di qualità; esso deve esprimere impegno e coinvolgimento in discontinuità con il recente passato - garantendo anche il confronto aperto con tutte le parti in campo, inclusi i lavoratori ed i loro rappresentanti, – e deve essere più propositivo nella determinazione del piano industriale e degli investimenti necessari. L'eventuale passaggio delle quote azionarie dal Ministero dell’Economia al Fondo Strategico Italiano non deve essere una partita di giro per abbattere il deficit (FSI è fuori dal bilancio dello stato e ha più di 4 miliardi di capitale), ma deve servire ad obiettivi di rilancio. Devono essere fatti investimenti nei siti italiani nel campo dell’innovazione e della ricerca e nel rafforzamento della parte industriale. L’assetto societario di ST è un tema da affrontare con determinazione e dinamismo; diversamente, sarebbe solo un’operazione di cassa o peggio una svendita, e quindi porrebbe seri interrogativi sul futuro di questa società. A fianco del Governo, le regioni e gli enti locali devono fare la loro parte a sostegno di quest’azienda, anche nell’attività di aggiudicarsi fondi europei destinati alla ricerca ed allo sviluppo industriale.
-
Chiarezza sugli investimenti in Italia
L’investimento a Catania per l’ampliamento dell’M5 a 8 pollici (M9) va confermato e vanno chiariti i tempi di esecuzione in quanto al momento rimane solo un annuncio, è difatti sottoposto a due condizioni: l'andamento del mercato e gli interventi pubblici; ci aspettiamo invece certezze sulla tempistica. Inoltre la chiusura del CT6 va fatta in contemporanea con avvio di M9 per la tutela dell’occupazione.
Tuttavia non è sufficiente: vogliamo tempi certi e veloci anche per la realizzazione della linea R&D a 12 pollici di Agrate più volte promessa fin dall’accordo di programma del 2007. A valle di questi investimenti rileviamo che il sito di Agrate (AG8) sarà il più obsoleto in Europa: è necessario quindi iniziare a preventivare un rinnovamento deciso degli impianti, intervento strategico per il futuro dell’insediamento produttivo.
Vanno chiariti la road map e gli investimenti sui nuovi materiali a Catania.
-
Relazioni sindacali migliori
Se sui temi strategici sarebbe possibile costruire convergenze con la direzione italiana, diviene difficile accettare l'atteggiamento dell’azienda così aggressivo e di chiusura sul contratto integrativo. Il ritardo è ormai enorme: dal maggio 2009 (momento della firma dell’ultimo integrativo) ad oggi sono passati ormai sette anni, tre oltre ai quattro normalmente previsti. La nostra piattaforma è in mano della direzione ormai da oltre un anno e mezzo, ma non è ancora stato possibile affrontare alcuno dei temi. E’ necessario che l’azienda abbandoni ogni pretesto per aprire finalmente il negoziato con il sindacato, a partire dagli aspetti più urgenti (quelli strategici) e preparandosi al confronto su TUTTE le richieste avanzate.
-
Il CEO è in scadenza?
Il nostro parere sul piano annunciato a gennaio e sulla strategia su cui si basa è decisamente negativo. Desta, per questo, ancora più preoccupazione la voce secondo la quale il CEO sarà sostituito entro pochi mesi. Chi gestirà un piano già debole? Chi si farà garante del rilancio di STMicroelectronics in una fase così delicata e difficile?
Coordinamento nazionale Rsu di STMicroelectronics
Fim, Fiom, Uilm nazionali
Roma, 12 aprile 2015