Avete definito l’ultimo incontro con il governo disastroso e dichiarato 8 ore di sciopero. Perché, a che punto è la vertenza?
Non possiamo aspettare, come ci chiede il governo, il 23 novembre, giorno dell’assemblea dei soci di Acciaierie d’Italia. Siamo ad un punto di non ritorno. C’è una domanda semplice alla quale non ci è ancora stato risposto: governo e ArcelorMittal fanno gli investimenti per il rilancio industriale e occupazionale? Abbiamo proclamato otto ore di sciopero unitario per contrattare una soluzione, nell’interesse del Paese e dei lavoratori.
Qual è l’urgenza?
Se non si interviene nell’immediato, rischiamo lo stop agli impianti del più grande gruppo siderurgico in Europa. A Genova il carroponte è fermo; a Taranto funzionano due altiforni su tre e i continui stop and go causano problemi strutturali agli impianti; a Novi Ligure cedono le pinze e si rischia l’infortunio. Cosa c’è da aspettare? Il governo non può essere ostaggio di ArcelorMittal, deve aprire una trattativa anche con noi per garantire il piano occupazionale, industriale e ambientale. L’ultimo incontro a Palazzo Chigi non è servito a ottenere chiarezza sulla trattativa tra governo, Invitalia e ArcelorMittal, né sui contenuti del memorandum. L’unico aspetto significativo è che il ministero del Lavoro ha risposto alla nostra richiesta sulle manutenzioni per la sicurezza dei lavoratori: chiederà all’azienda di intervenire chiamandoli al lavoro. Se l’azienda non adempierà, interverranno gli ispettori.
Cosa chiedete al governo?
Il cambio della governance di Acciaierie d’Italia e l’applicazione degli accordi, a partire da quello del 2018. Le risorse che state destinate dallo Stato alla società oggi gestita da ArcelorMittal non sono servite per far risalire la produzione, siamo anzi ai minimi storici della produzione di acciaio, né sono andate in investimenti sugli impianti e sulle manutenzioni, mentre è aumentata la cassa integrazione per la maggior parte dei lavoratori.
Gli stabilimenti di Genova e Novi Ligure possono sopravvivere a una eventuale, anche se non auspicabile, chiusura di Taranto?
Non si divide quello che la lotta unisce. C’è un futuro per Genova, Novi Ligure e Taranto. C’è un futuro per la siderurgia in Italia. Il punto è se il governo vuole garantire un futuro all’industria nel nostro Paese. L’idea di dividere i lavoratori che sono scesi in piazza insieme in sciopero a Roma il 20 ottobre, e torneranno a scioperare insieme negli stabilimenti nei prossimi giorni, servirebbe solo a deresponsabilizzare azienda e governo.
Quanto acciaio produce l’Italia e qual è il fabbisogno dell’industria manifatturiera?
La siderurgia italiana ha prodotto 21 milioni di tonnellate di acciaio nel 2022, l’11% in meno del 2021. E l’anno in corso non sarà migliore. L’ex Ilva ha una capacità produttiva di 6 milioni di tonnellate con le limitazioni dell’autorizzazione integrata ambientale, ma quest’anno produrrà meno di 3 milioni di tonnellate. A Taranto occorre riattivare l’altoforno 5 e a Genova, oltre al carroponte da riparare, occorre raddoppiare il ciclo della latta.
Qual è il prezzo pagato dall’Italia per l’irrisolta (da anni) vertenza ex Ilva?
Le scelte industriali e imprenditoriali di Acciaierie D’Italia e il mancato controllo da parte dei governi hanno determinato pesanti ricadute industriali, sul salario dei lavoratori e sulla salute e sicurezza e stanno anche determinando effetti negativi da un punto di vista economico e sociale per le città in cui insistono gli stabilimenti. Senza soldi non si canta messa. Il governo afferma di avere le risorse, ArcelorMittal dica se mette la sua parte, altrimenti il socio pubblico dia seguito a quello che ha dichiarato e acquisisca il controllo e la gestione.
Restando sulle ricadute industriali: l’import di coils in Italia è raddoppiato, tra il 2012 e il 2022. Alla crisi dell’ex Ilva si sono poi aggiunte le guerre.
A causa delle guerre e della situazione geopolitica, stiamo assistendo a una riorganizzazione degli assetti produttivi di acciaio in Europa e nel mondo. In Italia, a differenza di altri Paesi, non si apre la discussione sui costi dell’energia e sulla transizione. L’Italia deve decidere se vuole restare un Paese in cui la siderurgia è un punto fondamentale dell’industria metalmeccanica. Acciaierie D’Italia, Piombino, Terni: i problemi del settore devono essere affrontati con un piano straordinario. In Germania, il governo, il sindacato e l’industria siderurgica si confrontano su costo dell’energia, salario e orario. In Italia scioperiamo per tenere in vita gli stabilimenti, il sindacato ha scelto di lottare nel presente per assicurare un futuro al Paese. Lo Stato decida se sta con i lavoratori o con la rendita delle multinazionali.