TBS IT. Mancato accordo sulla mobilità
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Il 2 luglio al Ministero del Lavoro si è conclusa con un mancato accordo la fase ministeriale di confronto sulla procedura di mobilità aperta da TBSit lo scorso 27 marzo per 98 esuberi.
Nonostante la piena disponibilità del Ministero e delle Regioni interessate a stipulare un accordo di proroga della Cigs per ulteriori 6 mesi che avrebbe consentito, per stessa ammissione dell’amministratore unico Angelo Rodolfi, di recuperare utilmente a lavoro almeno la metà del personale dichiarato in esubero, TBSit ha di fatto reso impraticabile l’accordo sulla cassa integrazione pretendendo di inserire nello stesso, sin da subito, l’accettazione da parte sindacale del licenziamento di tutti quei lavoratori che al termine dei sei mesi di Cigs dovessero ancora risultare in esubero (teoricamente anche tutti gli attuali 98). A nulla sono serviti gli inviti del Ministero all’azienda per evitare di porre una condizione, quella dei licenziamenti coatti al termine della cigs, che di fatto rende il percorso della cassa integrazione un meccanismo ad orologeria anziché un’occasione davvero utile per riqualificare le lavoratrici ed i lavoratori e per tentare un reinserimento lavorativo sia in TBSit che, in prospettiva, presso il partner industriale GPI. Quest’ultimo, presente con un formale 40% nella compagine societaria di TBSit ma in realtà vero regista di tutta l’operazione, sta agendo senza scrupoli per ricavare il massimo utile da TBSit ricattando da un lato il personale con una proposta di drastica riduzione delle retribuzioni e di rinuncia a qualsiasi tutela passata, presente e futura e, dall’altro, le Organizzazioni e le Rappresentanze sindacali vincolando l’accordo sulla cigs ad un inaccettabile accordo sui licenziamenti.
Proposte che le OO.SS. e le Rsu avevano già respinto al mittente in occasione degli incontri precedenti, chiedendo che il percorso di cassa integrazione fosse scevro da ulteriori condizionamenti che non fossero quelli già derivanti dal difficile contesto all’interno del quale recuperare utilmente a lavoro il personale, valorizzandone competenze e professionalità attraverso un doveroso e necessario lavoro di riqualificazione ed aggiornamento che le stesse Regioni erano pronte a supportare con la disponibilità di risorse dedicate.
GPI, un gruppo con 3904 dipendenti, ricavi consolidati per 180 mln di euro nel 2017 (+32% rispetto al 2016) e un margine operativo lordo di 25 mln di euro, ha deciso invece di non accogliere la proposta di proroga della cassa integrazione avanzata dalle Organizzazioni Sindacali e sostenuta dal Ministero del Lavoro e dalle Regioni per licenziare 98 lavoratori, risparmiare qualche migliaio di euro tra sei mesi e, nel frattempo, accaparrarsi alle proprie inaccettabili condizioni ciò che resta di buono in TBSit in termini di commesse.
C'è uno slogan di una campagna promozionale sul sito di GPI che sintetizza bene l'operazione vampiresca compiuta dalla società trentina nei confronti delle lavoratrici e dei lavoratori di TBSit: "YOUR BLOOD IN OUR VEINS" - "IL VOSTRO SANGUE NELLE NOSTRE VENE".
Sarà cura delle scriventi Organizzazioni e delle Rappresentanze Sindacali informare la Provincia Autonoma di Trento che ha assegnato a GPI il certificato di Family Audit quanto la meritoria Società ha fatto per promuovere la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e migliorare la qualità dell’esistenza delle persone, in particolare dei 98 lavoratori licenziati in TBSit e delle loro famiglie.
Sarà altrettanto nostra cura ricordare, oltre che alla suddetta Provincia Autonoma di Trento e all'opinione pubblca, anche alle Regioni, a cominciare da quelle che sono state testimoni di questa triste vicenda di capitalismo d'accatto, chi sia GPI e a chi stanno affidando o eventualmente affideranno parte delle risorse economiche destinate alla sanità.
Infine, ma non ultimo, sosterremo tutte le lavoratrici e i lavoratori di TBSit nelle necessarie rivendicazioni sindacali e legali del caso.
Fiom-Cgil, Uilm-Uil nazionali
Roma, 3 luglio 2018