In questi giorni al salone dell’auto di Detroit l’amministratore delegato di FCA ha purtroppo confermato quanto la FIOM aveva già verificato: senza i nuovi modelli l’obiettivo della piena occupazione in Italia nel 2018 non potrà essere raggiunto.
Le uniche buone notizie sono per i lavoratori americani che riceveranno un bonus di 2mila dollari e grazie all’investimento di 1mld per la produzione del nuovo RAM vedranno 2500 nuovi assunti. In Italia invece i numeri dicono altro: un complessivo calo dei volumi produttivi in chiusura del 2017 dal polo del lusso Maserati, all’Alfa, per finire con Jeep e Fiat.
Per i lavoratori italiani i conti non tornano: nel 2010 con il piano Fabbrica Italia la proprietà avrebbe dovuto investire alcune decine di miliardi per realizzare l’obiettivo «tutti al lavoro» con 1.650.000 veicoli realizzati ogni anno. Tale obiettivo sarebbe stato raggiunto grazie agli accordi, esclusa la Fiom, siglati con il «Contratto Fiat».
L’unica cosa certa è stata la riduzione dei diritti contrattuali e la riduzione della paga base rispetto agli altri metalmeccanici.
Sono passati 8 anni da allora ma dai «salari tedeschi» e dalla «piena occupazione» siamo ancora molto lontani.
È il momento di aprire un confronto per affrontare l’urgenza occupazionale per i lavoratori di Mirafiori, Pomigliano e Nola dove termineranno gli ammortizzatori sociali.
Già a partire dalla scadenza di settembre del contratto di solidarietà a Mirafiori e a seguire per gli stabilimenti campani è urgente un tavolo unitario con le altre organizzazioni sindacali, l’azienda e il governo perché è evidente un disallineamento tra il piano produttivo – occupazionale dell’azienda e gli ammortizzatori sociali.
I ritardi sull’implementazione dei modelli Alfa e Maserati hanno determinato una incertezza sul futuro a cui si è aggiunta una riduzione dei volumi e a pagarne le spese sono i lavoratori di Mirafiori, Grugliasco e Modena.
Il mix di riduzione dei volumi e l’assenza di 6 degli 8 nuovi modelli secondo il piano di rilancio Alfa, ha un effetto negativo sui lavoratori di Cassino e si concretizza il rischio che i 500 lavoratori, a cui non è stato rinnovato il contratto a novembre non rientrino in modo definitivo e che per i 300 a cui scade il contratto il 31 gennaio rischiano di rimanere a casa.
Inoltre, nello stabilimento di Melfi stiamo assistendo ad una riduzione progressiva dei volumi sulla Punto, una stabilizzazione sulla linea della 500X e della Jeep che negli ultimi mesi ha determinato l’uso dalla cassa integrazione ordinaria.
La riduzione complessiva della produzione impatta negativamente anche sui lavoratori della componentistica come ad esempio a Pratola Serra dove sono prodotti i motori. Le parole dell’amministratore delegato confermano che gli stabilimenti italiani non sono al centro dell’attenzione al salone dell’auto di Detroit. La proprietà di FCA ha raggiunto gli obiettivi finanziari di riduzione del debito industriale e si appresta ad azzerarlo. Il prezzo non lo possono pagare i lavoratori degli stabilimenti italiani. È indispensabile trovare le risorse per gli investimenti che servono a rilanciare le produzioni in Italia a partire dalla realizzazione del piano occupazionale con i nuovi modelli Maserati, Jeep e Alfa entro il 2018 e l’implementazione della gamma con modelli ibridi ed elettrici.