Venerdì, 22 Novembre 2024

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Un’epoca si è chiusa. La rivoluzione ecologica della mobilità è possibile solo con i metalmeccanici

L’amministratore delegato di Stellantis, Carlos Tavares, è entrato nella sala dell’Officina 83 Centro Stile al numero 80 di via Plava a Torino per l’incontro chiesto da tutti i sindacati nelle settimane precedenti.

Un saluto pugno contro pugno e l’amministratore delegato di Stellantis in meno di venti minuti riassume quanto già detto precedentemente. Con tonalità diverse tutti i sindacati hanno chiesto garanzie sugli stabilimenti e lavoratori italiani. L’amministratore delegato ha confermato che procederà step by step, che pur avendo un piano aziendale non ha doti divinatorie ma l’obiettivo “non è chiudere ma trasformare”.

In sintesi i tre pilastri del piano aziendale sono: entro il 2030 neutralità sulle emissioni attraverso l’innovazione tecnologica, rispondere alla qualità chiesta dai clienti mantenendo il prezzo accessibile alle classi medie, triplicare ricavi e non scendere sotto le due cifre in percentuale per il calcolo della marginalità. Tre pilastri su cui i lavoratori di Stellantis sono chiamati ad eseguire il piano pluriennale di transizione garantendo una riduzione del costo produttivo attraverso internalizzazioni di attività e taglio dei costi mentre ai governi è chiesto di garantire infrastrutture di ricarica e taglio dei costi sulla vendita.

L’amministratore delegato ha un cronoprogramma chiaro per Stellantis: impegni per il 2024, obiettivi per il 2027 e una direzione fino al 2030 che porta al 100% delle auto prodotte per il mercato europeo completamente elettrico.

Per raggiungere le singole tappe Stellantis continuerà sulla strada dell’implementazione delle sinergie, tecnologie e internalizzazioni frutto della fusione tra FCA e PSA per assorbire i costi aggiuntivi generati dal salto tecnologico in un mercato dell’auto che nel vecchio continente ha perso il 25% e secondo l’azienda per tornare ai livelli precisi avrebbe la necessità di un intervento deciso dei governi per abbattere le barriere di prezzo, determinate dalle tasse, e di accesso alle stazioni di ricarica.

Nonostante il pressing del sindacato nessuna novità, solo conferme in quasi un’ora e mezza d’incontro.

Stellantis brilla di luce propria: i risultati finanziari e di mercato dalla fusione in un contesto pandemico, crisi delle materie prime e inflazione fino alla guerra, parlano chiaro e danno ragione all’amministratore delegato Carlos Tavares.

Per l’Italia e per i suoi lavoratori l’incontro non ha portato nessuna informazione aggiuntiva, le attese dei lavoratori non sono state ripagate. La Stellantis di Carlos Tavares brilla molto lontano dalla vita dei lavoratori degli stabilimenti italiani che vedono insistere la cassa integrazione in molti stabilimenti e, come ammesso dallo stesso amministratore delegato, i lanci di Grecale e Tonale sono stati rinviati nel corso del tempo. I piani confermati per il polo torinese e per la gigafactory di Termoli non hanno avuto il confronto necessario a livello italiano per affrontare i problemi e le opportunità per i lavoratori e la loro condizione.

I lavoratori sono stati lasciati soli dal “buco nero” del governo che non ascolta le richieste di investimento in un piano di politiche industriali sul settore chieste da imprese e sindacati sulla ricerca, prodotto, servizi e infrastruttura. Stellantis ha un piano, l’Italia no. L’assenza di un reale confronto, la mancanza di un piano declinabile in lanci, tecnologie, progetti che mettano al centro le persone genera quello che l’amministratore delegato dice bisogna sconfiggere: conservatorismo e paura. In questi mesi sono stati molti a lasciare grazie agli incentivi all’esodo.

I delegati della Fiom da anni si sono impegnati fuori e dentro le fabbriche per l’innovazione e l’occupazione, qualcuno ci ha definiti “tute verdi” ascoltando le proposte nelle assemblee con le associazioni del mondo ambientalista. Da soli siamo consapevoli di non potercela fare. E’ necessaria una convergenza tra giovani, cittadini, lavoratori:  abbandonare paure e conservatorismo. Un’epoca si è chiusa, bisogna guardare al futuro con i piedi ben piantati nel presente, per questo è necessario che metalmeccanici, ambientalisti, giovani portino sul tavolo a Palazzo Chigi la rivoluzione nella mobilità.

Per cambiare bisogna confrontarsi per poi arrivare ad accordi che si pongano l’obiettivo di produrre 1,5 milioni di vetture ecologiche in Italia nei prossimi cinque anni.  L’obiettivo dei volumi produttivi parlerebbe ai giovani che oggi non vedono un futuro nell’automotive, come alle aziende nazionali e multinazionali della componentistica e ai suoi metalmeccanici. Immaginare, progettare, produrre auto innovative migliorando le condizioni di lavoro per una mobilità libera, ecologica e democratica delle persone.

 

 

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La Fiom è il sindacato delle lavoratrici e lavoratori metalmeccanici della Cgil

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