Venerdì, 18 Ottobre 2024

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Meloni tace sullo sfascio e l'azienda avanza solo richieste. La fine è certa

Intervista a Michele De Palma su Il Fatto Quotidiano a firma di Andrea Tundo 
 
 
Fiom, Fim e Uilm tornano in piazza venerdì dopo più di trent'anni. Aver ritrovato l'unità sindacale è un termometro della gravità della situazione?
I metalmeccanici e la loro rappresentanza hanno un rapporto con la realtà che spesso non ha la politica. In questo momento chi legifera dovrebbe sostenerci trovando, nelle proposte che abbiamo avanzato, una piattaforma comune per contrattare con Stellantis e, poi, con l'Ue.
 
Tavares ha già messo lavoratori e politici nello stesso girone, definendovi "livorosi".
Spero ci sia un difetto di traduzione della sua audizione. Tra i lavoratori c'è una profonda arrabbiatura, non livore. Sono più di dieci anni che gli operai di Stellantis e dell'indotto si sentono raccontare che ci sarebbe stata la piena occupazione e un aumento dei salari, ma alle parole non sono seguiti i fatti. Nei posti democratici come il nostro, l'arrabbiatura si trasforma in sciopero. Un'astensione dal lavoro che lancia un messaggio: contrattiamo a Palazzo Chigi. La manifestazione di venerdì non è fatta per distruggere, ma per costruire.
 
Il ceo di Stellantis continua a sostenere che sia tutta colpa della transizione.
Il problema in Italia è che non produciamo né endotermiche, né ibride e nemmeno elettriche. Gli ho sentito dire che per produrre 1 milione di vetture dobbiamo avere un milione di clienti. Bene, ci dica se è in grado di mettere sul mercato auto che attirino i clienti. Mi sarei aspettato che dicesse lui qual è la strategia, quando partirà la fabbrica di batterie, le auto mass market, le assunzioni per la ricerca e sviluppo. Invece avanza richieste mentre Stellantis perde quote di mercato.
 
Sono credibili e risolutivi l'anticipo della 500 ibrida a Mirafiori e i nuovi modelli promessi negli altri siti?
La prova dei fatti è già iniziata e non sta dando risposte: la 500 ibrida non basta. A Melfi le soluzioni avanzate sono state posticipate, la gigafactory di Termoli è rimandata sine die, i volumi produttivi della Sevel di Atessa si sono contratti. A Pomigliano si proseguirà fino al 2029 con la produzione della Panda endotermica che però sarà in concorrenza con la Grande Panda, elettrica e ibrida, che sarà prodotta dal 2025 in Serbia. Noi continuiamo a chiedere un piano industriale per l'Italia, che comprenda anche ricerca e sviluppo. Il punto è che qui non si producono auto mass market, ma solo premium e lusso; intanto questo Paese non ha più autonomia di ricercare e sviluppare nuovi prodotti.  
 
Siete in disaccordo anche sulla chiusura ai cinesi?
La verità è che i gruppi europei si sono già organizzati: hanno stretto accordi con le loro case, proprio come Stellantis con Leapmotor, e producono in Europa. Non si fanno le analisi del sangue agli investitori, ma chiediamo che rispettino le leggi e i nostri contratti.
 
La richiesta di incentivi è corretta?
Serve un pacchetto straordinario dedicato alla transizione, in Italia e in Europa. Esiste un problema anche a Bruxelles, lo diciamo chiaramente, perché non basta stabilire obiettivi e dare soldi da mettere sul mercato, ma una programmazione negoziata con sindacati e aziende. Nessuno sta governando la transizione ma tutto è affidato al mercato, dove il più forte mangia il più debole. Mi ha colpito che Tavares non abbia mai parlato dei lavoratori e delle loro condizioni. Ma negli ultimi dieci anni ne sono andati via più di 10mila e gli altri vivono con gli ammortizzatori sociali.
 
Quanto tempo resta prima di sprofondare in una crisi irreversibile?
Il processo di deindustrializzazione è già in corso. Penso alla Lear, all'ex Gkn, a Denso e Bosch. La mappa delle crisi è vasta. Per compensare il calo dei volumi, bisogna alzare i salari: oggi gli operai non hanno i soldi per acquistare le auto che producono. Poi c'è il tema delle delocalizzazioni nella componentistica. Senza un ecosistema dell'auto, muore tutto. Palazzo Chigi si svegli.
 
A proposito, parla tutta la maggioranza ma non Meloni.
Qualcuno pensa a vincere la gara dell'applausometro, intanto i problemi restano a noi e ai lavoratori. Ci serve un negoziato e l'unica che tace è proprio lei, alla quale chiediamo unitariamente da mesi di assumersi la propria responsabilità convocando Tavares, confrontandosi con le aziende della componentistica. E' in gioco il presente del lavoro e il futuro delle giovani generazioni, la presidente del Consiglio affronti la realtà.
 

La Fiom è il sindacato delle lavoratrici e lavoratori metalmeccanici della Cgil

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