Sembrava una storia conclusa, archiviata nella memoria dei tanti territori che ci siamo abituati a considerare normalmente destinati a soccombere alle ‘regole’ del peggior sviluppismo - e stiamo parlando della storia di singur, 400 ettari di terra agricola e fertilissima alla periferie di kolkata, che tra il 2006 e il 2008 vide tata motors protagonista di un combattutissimo land grabbing, per lo stabilimento da adibire alla produzione della famosa nano car, pubblicizzata come l'utilitaria meno costosa mai prodotta al mondo e di conseguenza un grande affare.
e invece no. sono tornate le ruspe e i macchinari. plotoni di operai sono al lavoro da settimane. persino nei giorni (prima metà di ottobre) che in tutta l’india e particolarmente in bengala hanno celebrato il durga pooja (equivalente al nostro natale), i lavori sono continuati giorno e notte. e non si tratta dell’ennesima estensione di quel progetto industriale, peraltro mai andato in porto; e neppure della sua conversione in qualcos’altro; bensì dell’integrale smantellamento, diciamo pure sradicamento di quel corpo-fabbrica, addirittura dalle fondamenta, persino a colpi di dinamite, per sbrigarsi prima. motivo di cotanto impegno: un verdetto, fin da subito definito “storico, senza precedenti”, che la corte suprema dell’india ha emesso il 31 agosto scorso, in favore dei contadini espropriati. entrambi i giudici, gopala gowda e arun kunar mishra, hanno scrupolosamente esaminato il voluminoso cartame e hanno riconosciuto che la motivazione per l’esproprio di quelle terre nel 2006 (ovvero la clausola del public purpose, pubblico vantaggio) non poteva considerarsi legittima data la natura privata dell’impresa. e dunque: le terre dovranno essere restituite alle migliaia di contadini che in tutti questi anni, consorziati in varie organizzazioni, non si sono mai arresi - e ricorso dopo ricorso, hanno visto riconosciute le proprie ragioni. e’ stata definita anche una data, entro la quale attuare queste restituzioni: 21 ottobre prossimo, il tempo stringe.
una storia davvero straordinaria, quella di singur, che meriterebbe di essere ricostruita nei più minuti particolari - anche perché, nella sua apparente lontananza, si intreccia in più punti con la nostra storia (e debacle) non solo industriale. ma poiché ciò richiederebbe ben più ampio spazio, limitiamoci a rievocarla nei suoi capitoli principali, anche per mettere a fuoco la complessità (e quindi la sfida, in termini di governance) che le autorità bengalesi dovranno affrontare, di qui in poi.
primi dicembre 2006: per la produzione dell’auto low cost targata tata motors, il governo del bengala occidentale requisisce d’autorità 400 ettari di terre agricole nell’area di singur: un’area nota come ‘culla verde’ dell’intera regione, dai 3 ai 5 raccolti all’anno. le motivazioni di queste requisizioni, da più parti discusse, criticate, persino condannate (e attuate direttamente dalla west bengal industrial development corporation, nel ruolo di facilitator per contro di tata motors) sono perfettamente coerenti con l’impeto di l’industrializzazione, che nella shining india di quegli anni il governo centrale sta cercando di velocizzare con un numero impressionante di sez (zone economiche speciali), sul modello della cina ma ahimè con una densità di popolazione ben maggiore. e il progetto low cost car, o nano-car, pubblicizzato come il “regalo” che ratan tata intende fare a milioni di famigliole indiane normalmente costrette a pericolosi percorsi in motocicletta, sembra un’imperdibile opportunità: la stampa ne favoleggia come modello no frills, che riducendo all’essenziale carrozzeria ed ingranaggi potrà costare non più di 100.000 rupie, $ 2.500, e garantire quindi volumi di vendita enormi. il quadro insomma è così entusiasmante, da persuadere il ministro del bengala, buddhadeb bhattacharjee (detto ‘buddha rosso’), al vertice di un left front al governo da oltre 30 anni, della superiore necessità di sacrificare una pur fiorente economia agricola alla conversione industriale, per posizionare l’intero est dell’india come investment friendly destination.
l’impiego della forza, con l’ausilio dell’esercito, a colpi di spranga, lacrimogeni e non solo, è comunque impressionante, come documentano vari video ripresi nei giorni degli espropri (in particolare girati da ladly mukhopadhaya, rintracciabili su you tube). parecchi contadini, soprattutto mezzadri, piccolissimi proprietari, vengono trascinati via con la forza. nonostante i negoziati ancora in corso, nonostante il rifiuto da parte di molti delle indennità in offerta, tutti i campi vengono recintati d’autorità, impugnando una legge, land acquisition act, che risale al 1894, epoca coloniale solo nel 2013 l’india si è dotata infatti di una legislazione più ‘attuale’ rispetto all’indubbia complessità delle acquisizioni territoriali per progetti di pubblica utilità. da quel momento singur è un campo di battaglia, con non pochi episodi di violenza, stupri punitivi, suicidi per disperazione.
barricata all’interno del muro di cinta tata motors inizia la costruzione della fabbrica. ma sulla rivendicazione di quei 140 ettari requisiti con la forza (su un totale di 400 ettari in negoziato), i contadini non si arrendono. li guida una indomita mamata banerjee, leader del partito trinamool (che significa ‘trifoglio’), con vocazione esplicitamente populista, in opposizione al monopolio delle sinistre in west bengala. particolare non indifferente: dal settembre del 2015, e nella più totale discrezione, la nostra fiat ha avviato con tata motors una serie di accordi che matureranno poi in una ‘joint venture 50-50’ da entrambi i partner definita strategica, a tutto campo. in un’intervista che il corriere della sera pubblicherà poi a firma di danilo taino (7.2.2007) è lo stesso ratan tata a rievocare le battute iniziali di quell’accordo che “risale a quando luca (di montezemolo, ndr) era in india (…) e mi chiese, assieme a john elkann, se potevo aiutarli a far recuperare a fiat le posizioni in india. (…) richiesta strana tra due concorrenti, alla quale di solito si risponde di no (…) dissi di sì per l’antica amicizia che legava mio zio a giovanni agnelli (sic …) e perché fiat era stata responsabile della nascita dell’industria automobilistica in tanti paesi in via di sviluppo, compresa l’india…” titolo dell’articolo a tutta pagina: “partiamo dell’auto low-cost”. nell’occhiello si accenna all’inedita nozione di capitalismo spiritual, secondo il quale “la ricchezza va restituita al popolo…”. nessun accenno al fatto che le terre di singur sono da mesi a ferro e fuoco.
nella profonda crisi in cui si trova la fiat di quegli anni, l’area-india è in effetti una spina nel fianco: pur presente nel sub-continente dagli anni ’50 con le vecchie 1.100 ribattezzate padmini, il marchio non sembra in grado di competere in un mercato in velocissima espansione. ma anche tata motors, se non facesse parte di quella conglomerata tata & sons, forte di 90 aziende nei più diversi comparti, avrebbe il fiato corto: oltre a un paio di decenti fuori-strada l’unico successo nel decennio precedente è stata la indica, city-car carrozzata bertone - che in effetti sembra la copia dalla panda. entrambi i marchi, insomma, non sembrano pronti a reggere la concorrenza delle big dell’auto che stanno arrivando in gran forza, sul mercato indiano.
ed ecco appunto quella opportunità apparentemente splendida per entrambi, la people car : progetto che ratan tata persegue da anni senza venirne a capo, e che per fiat è un’esperienza metabolizzata dai tempi della ‘500 e ancor prima della topolino. il memorandum che i due marchi sottoscrivono il 22.09.2005, e che poi si precisa meglio con il vero e proprio annuncio al motor show di new delhi (gennaio 2006), prospetta proiezioni di vendita colossali non solo per l’india, ma anche per l’america latina, la cina, con qualche aggiustamento e ‘frill’ in più (e a un prezzo ovviamente superiore) anche in europa, us, nell’ambito di un accordo di reciproco impegno di distribuzione in tutti i mercati serviti da entrambi i marchi, che darà a fiat anche la possibilità di assemblare in india i modelli siena e palio.
il 19.4.2006 la relazione lingotto-tata motors si cementa con l’ingresso di ratan tata nel consiglio di amministrazione fiat. insieme a quella del guru roland berger, convinto assertore della small car per il futuro del settore-auto. un mese dopo il parlamento italiano festeggia l’insediamento del governo prodi. e nell’agosto 2006, ecco di nuovo luca di montezemolo e ratan tata inaugurare un indo-italian ceo forum che avrà scadenza annuale. e’ in quell’occasione che sulla stampa italiana trapela per la prima volta la notizia di una possibile convergenza produttiva sulla low cost car targata tata motors e con know how fiat. e progressivamente questa relazione tata-fiat fa da perno-stampa anche all’intensificarsi della commercial/diplomazia tra il neo-eletto governo prodi e l’india. nel novembre 2006 l’italia ospita 130 businessmen indiani guidati dal ministro per il commercio e industria kamal nath; ancor più colossale, con 450 operatori, sarà la delegazione guidata da prodi-bonino-montezemolo in india nel febbraio 2007, con particolare focus sul west bengala.
“negli stessi mesi in cui a singur si viveva un sanguinoso conflitto sociale, il vostro paese spediva in india la più impressionante delegazione commerciale che mai si sia vista in 60 anni di storia post-coloniale (…) un rappresentante della vostra confindustria ha avuto il coraggio di plaudire le favorevoli ‘condizioni di ingresso’, in termini di ‘modesto costo del lavoro e dei terreni’…” fu il duro commento dell’attivista medha patkar, in occasione di un incontro proprio sul caso-singur promosso a torino verso la fine del 2007 dal centro studi sereno regis. “particolarmente triste è stato assistere al totale silenziose della vostra stampa e della stessa fiat, ‘partner’ di tata motors a tutto campo su questo progetto low cost car, sia a livello tecnologico sia di know how, nonché per la commercializzazione su mercati terzi e quindi partecipe dei profitti globali (…) noi, popoli e movimenti indiani, ci opponiamo a questo stile neo-coloniale di partnership e ci domandiamo come possa succedere che una nazione civilizzata e ricca di cultura come l’italia possa associarsi a un simile furto di terre, violento e brutale, in totale contrasto con qualsiasi nozione di sostenibilità e di rispetto per l’ambiente. ci chiediamo inoltre come possa essere successo che coloro che erano al corrente della situazione (i vostri diplomatici in india, i vari funzionari e ministeri che hanno preparata la missione prodi in india) siano rimasti indifferenti alle notizie degli scontri, benché quotidianamente riportati sulla stampa indiana…”.
pochissime, in effetti, le testate che in italia tentarono una qualche contro-informazione. a parte “il manifesto” (che ospitò numerosi articoli di marina forti, patrizia cortellessa, della sottoscritta), qualche sito web, e le testate sindacali, che seguirono con molto attenzione la vicenda - in particolare il bollettino della fiom-cgil notizie internazionali, allora diretto da alessandra mecozzi, che tra l’altro fu protagonista e organizzatrice di numerosi incontri, a roma, bologna, torino, e arrivò a esprimere per lettera, a nome della fiom, “preoccupazione e sconcerto per la situazione di brutalità che da mesi infiamma le campagne del bengala occidentale” direttamente all’ambasciata indiana a roma. il tutto nella più totale indifferenza. per i media main-stream, sicuramente condizionati da un notevole investimento pubblicitario, continuò ad esistere solo quell’unica narrazione: di una fiat finalmente fuori dalla crisi grazie al super-manager (o in alcuni casi ‘compagno’) marchionne, e ulteriormente ‘premiata’ a livello globale da questa jv con tata motors.
ma ben più inspiegabile fu l’indifferenza del parlamento italiano, considerate le ben quattro interrogazioni parlamentari, estremamente circostanziate, che in diversi momenti vennero inviate ai vari ministeri più direttamente interessati: a firma dell’allora senatore francesco martone, nonché dei deputati bonelli, migliore, de zulueta (e altri firmatari) man mano che la situazione andava infiammandosi in bengala, per altri casi di land grabbing ad uso industriale, successivi a quelli di singur. (testo delle interrogazioni nel blog news singur: http://nosingur.blogspot.it/2008/02/tutti-gli-articoli.html)
e veniamo alla conclusione (solo apparente, appunto) di questa storia: quando dopo mesi di silenzio, nella primavera del 2008, la protesta dei contadini si risveglia di nuovo, e nell’estate diventa vero e proprio assedio, un picchettaggio articolato su 21 diverse posizioni; e infine culmina nel mese di agosto con lo sciopero della fame ad oltranza della leader mamata banerjee. pur nelle condizioni di continua turbolenza descritte, la fabbrica è ormai pronta per entrare in produzione, i tanti aspiranti a quel migliaio di posti promessi nei ruoli di operai e vari addetti, stanno preparandosi ai colloqui… ma a settembre ecco il colpo di scena: con un secco comunicato tata motors annuncia che se ne va da singur per l’impossibilità di proseguire in condizioni di confitto, e nel giro di qualche mese il progetto low-cost car ripartirà, non senza perdite, dai più tranquilli impianti di sanand, in gujarath - e lo smacco più grande, non solo di immagine, sarò per il governo del left front in bengala occidentale.
e infatti: le elezioni del 2011 premieranno il partito avversario, quel trinamool party che guidato da mamata banerjee si era sempre schierato dalla parte dei contadini. nel suo discorso di investitura mamata banerjee promette che non potrà morire in pace fino a che non vedrà restituite quelle terre acquisite con la forza … ed ecco che cinque anni dopo, con il verdetto che è stato emesso il 31 agosto 2016 alla corte suprema dell’india, la promessa può dirsi vinta. almeno sul piano giuridico, della fondamentale affermazione del diritto. e sicuramente in termini di popolarità: a metà settembre, nello stesso luogo, lungo la durgapur expressway, che nel 2008 l’aveva vista protagonista del famoso sciopero della fame ad oltranza, c’era una folla oceanica a salutare questa vittoria personale di mamata banerjee, mentre parlava da un palco vasto come una piazza d’armi…
e tuttavia, man mano che i giorni passano, diventa evidente anche la complessità di queste restituzioni territoriali, e proprio per lo stesso motivo che rese difficile la loro acquisizione, ovvero per l’eccezionale frammentazione in termini di proprietà. su 13.000 richiedenti, sono stati già accertati (in tempi records, soprattutto per l’india!) circa 9.500 titoli di proprietà certa. il problema resta sui titoli di proprietà incerta, o appunto per i tantissimi contadini bargadars, ovvero lavoranti a mezzadria: i più colpiti dall’inattività di tutti questi anni perché più direttamente dipendenti dal frutto della terra. per loto il governo di mamata banerjee ha predisposto dei punti di consulenza mobile nel territorio di singur, addirittura un servizio porta-a-porta, delle indennità forfettarie (ma sicuramente non sufficienti), preoccupato del rischio di immagine che anche una minoranza di scontenti, tra quei contadini che hanno rappresentato lo zoccolo duro della singur resistance, potrebbe diventare per il trinamool party. ma la regione resta fondamentalmente affetta da alti indici di povertà e disoccupazione - per cui bisognerà al più presto riparlare anche di investimenti industriali… e di come ridiventare attrattivi, dopo tante turbolenze sulla terre di singur, la partita insomma, per la benerjee, non è per niente chiusa.
e la nano-car, è stata davvero quel grande affare? macché, un flop totale, e proprio per il costo: troppo cheap per un target di consumatori cosiddetti aspirational, status conscius, che soprattutto in india, proiettano nell’acquisto di qualsiasi cosa l’immagine del proprio raggiunto successo; e per niente competitivo per le famose famigliole che, per lo stesso prezzo, possono comprare modelli usati, sicuramente più spaziosi, robusti, affidabili, considerate anche le condizioni delle strade in certe zone dell’india. in soldoni, lo stabilimento di sanand in gujarath è da sempre ai minimi della capacità produttiva: progettato per 250.000 pezzi all’anno, ha chiuso lo scorso anno fiscale con 25.000 vendite (e il picco di vendita è stato nel 2011/2012, con ca 75.000 auto vendute). per non dire delle turbolenze di gestione e sul fronte sindacale: a gennaio un incendio (sembra doloso); a marzo, sciopero di un mese per il licenziamento di 25 operai ‘facinorosi’; e frequenti i casi di vetture palesemente danneggiate dagli stessi operai.
quanto alla jv a tutto campo tra fiat e tata-motors, anche quella non è mai veramente decollata. continua… non continua… la stampa italiana non ne parla da tempo e quella india registra una partnership ai minimi termini (meccanica, componenti, condivisione di impianti) e più spesso distratta da ben più significativi progetti fuori dall’india per entrambi i marchi: la fiat di marchionne che è ormai diventata fiat crysler, mentre tata motors continua essenzialmente a guadagnare dall’acquisizione (2008) di jaguar e land rover. archiviato quell’unico, in tutti i sensi modestissimo progetto di small-car, i due marchi si trovano in effetti in competizione sugli stessi segmenti (alti) di mercato - come il buon ratan tata aveva predetto. persino in india, insomma, il signoreggio non funziona: in un mercato in così rapida e dinamica espansione come quello indiano, secondo solo a quello cinese, la fiat auto o fiat crysler di marchionne sostanzialmente si barcamena.