Ci hanno accusato di essere “affetti” dalla sindrome di Nimby, di essere dei visionari, di essere stati influenzati dal romanzo Gomorra. Ci volevano far credere che solo il 2% dei terreni campani risultasse inquinato. Che si muore per gli stili di vita e non per i traffici dell'ecomafia. Che stavamo lottando inutilmente. Ma noi, movimenti ambientalisti, che conosciamo bene le discariche nei nostri comuni, abbiamo sempre avuto un'idea differente della Terra dei Fuochi. Per chi vive in questa Terra, sa di cosa sto parlando. Così in questi giorni, è venuta fuori un’altra discarica, quella di Calvi Risorta comune dell’Alto Casertano. Qui sono state sepolte circa 2 milioni di tonnellate di rifiuti pericolosi. Si tratterebbe della più grande discarica di rifiuti illegali in Europa, rifiuti provenienti da varie parti dell’Italia e dell’Europa. Una delle tante discariche indicate dal pentito Carmine Schiavone prima che morisse. Dichiarazioni messe a verbale già negli anni Novanta, a cui però non sono mai seguiti interventi sui terreni indicati. E la sua audizione del 1997 in Commissione parlamentare è rimasta secretata fino ad oggi. Forse, anche lui così bugiardo non era. I veleni ci sono davvero in quelle buche, molte delle quali da lui stesso fatte scavare. Forse, anche lui aveva capito – troppo tardi - perché oggi in Campania, tanti, troppi muoiono di quel male che fa paura solo nominare: il cancro. Un male che nella Terra dei fuochi non risparmia nessuno.
Secondo una ricerca condotta dall’Istituto superiore di sanità (Iss) ci sarebbe un eccesso di mortalità e di ospedalizzazione nella popolazione residente nei 55 comuni della Terra dei Fuochi per diverse patologie tumorali e eccessi di bambini ricoverati nel primo anno di vita per tutti i tumori e di tumori al sistema nervoso centrale nella fascia di età 0-14 anni. Un dato allarmante riguarda anche le donne. Una donna che vive al Sud ha un rischio maggiore (circa il 50% in più) di morire per tumore alla mammella rispetto ad una donna che vive al Centro-Nord dell’Italia. In Campania, il più grande business è stato fatto sulla “pelle della gente”. Potremmo definirlo un “ecocidio”. Il business ecocriminale si aggira intorno ai 17 miliardi di fatturato. Ciò ha provocato non solo la contaminazione di aria, acqua e suolo, ma ha gravemente compromesso anche la salute dei cittadini campani. Cosa resta da fare? Ad un anno dall’entrata in vigore della legge sulla Terra dei Fuochi e a pochi giorni dall’approvazione del ddl sugli ecoreati, i risultati non sono ancora soddisfacenti. Poche analisi fatte sui terreni e sulle falde, progetti di bonifica assenti, screening sanitari gratuiti ancora al palo, controlli del territorio insufficienti. I fondi, si sa, non arriveranno e se arriveranno, come è successo in passato, non basterebbero né per le bonifiche, né tantomeno per i controlli.
Per bonificare la Terra dei Fuochi servirebbero centinaia di miliardi di euro. Sulle bonifiche grava, inoltre, il rischio delle infiltrazioni mafiose. Il problema andrebbe affrontato a monte, non più e solo a valle. E’ sempre difficile porre riparo ai danni, bisognerebbe invece evitarli. Il traffico illecito dei rifiuti non è solo un crimine mafioso ma è soprattutto un crimine di impresa. E’ stimato che molte imprese smaltiscono al nero i rifiuti derivanti da un buon 47% di produzione al nero lavorata da personale tra l’altro anch’esso a nero. Si smaltisce a nero perché si produce a nero. Ecco perché tonnellate di rifiuti vengono bruciate nelle nostre campagne, per far sparire la tracciabilità. Molti sono poi gli imprenditori che si rivolgono alle organizzazioni mafiose per risparmiare sui costi di smaltimento.
A braccetto con le mafie, operano i manager delle aziende, trafficanti, amministratori locali. Insieme, creano una vera e propria associazione criminale che si assicura i suoi introiti, attraverso pratiche collaudate di corruzione, frode ed evasione fiscale. L’ecomafia continuerà ad offrire servizi economici ai produttori di scarti, soprattutto industriali, scaricando i veleni nelle cave, sversandoli nei fiumi, bruciandoli o interrandoli nei campi agricoli, tombandoli nelle fondamenta delle opere pubbliche o mischiandoli col calcestruzzo. La problematica dei rifiuti è molto sentita dalle aziende private, industrie, artigiani ed enti pubblici. Le materie di scarto, rappresentano un costo notevole per il produttore. Smaltire i rifiuti è assai costoso. Bisognerebbe promuovere un sistema di sgravi fiscali e di incentivi economici per supportare non solo gli interventi di bonifica, ma anche per andare incontro alle imprese che per far quadrare i conti preferiscono il più delle volte risparmiare sui costi di smaltimento. Le imprese che si liberano dagli scarti di produzione rivolgendosi al mercato illegale dello smaltimento risparmiando fino al 90%, stanno causando un ingente danno all’ambiente, alla salute dei cittadini, e all’economia legale. In Campania e nel resto del Paese le 19 indagini su smaltimenti illegali di terre e rifiuti derivanti da operazioni di bonifica censite da Legambiente dal 2002 ad oggi, hanno già portato all’emissione di 150 ordinanze di custodia cautelare, alla denuncia di 550 persone e al coinvolgimento di 105 aziende. Bisogna lottare affinché nel mondo industriale ci sia un recupero di legalità e di etica ambientale. Come disse Sandro Ruotolo a Servizio Pubblico qualche giorno fa: “Questo sistema industriale è marcio: lo smaltimento illegale dei rifiuti deriva dall’evasione fiscale. Landini, fanne una battaglia”. Bisogna, dunque, lottare ancora e tanto, affinché la nostra Terra non sia più lo sversatoio di mafiosi ed imprese colluse.
*Comitato fuochi Pomigliano