Martedì, 05 Novembre 2024

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Stellantis produca auto di massa

Intervista a Samuele Lodi di Andrea Boeris su Milano Finanza

Il ministro delle Imprese Adolfo Urso, che insegue l’obiettivo di un milione di auto prodotte all’anno in Italia, ha annunciato di aspettarsi un accordo con Carlos Tavares entro il mese di giugno. Il ceo di Stellantis, che ha appena assegnato una versione ibrida della 500 a Mirafiori entro il 2026, ha garantito la piena operatività degli stabilimenti italiani da qui al 2030.

Al di là delle parole e degli annunci, però, i fatti continuano ad andare in un’altra direzione. Ieri Acc, la joint venture tra Stellantis, Mercedes e TotalEnergies che dovrebbe realizzare la gigafactory di Termoli, ha comunicato ufficialmente ai sindacati e al Mimit lo slittamento del progetto.

«Ma senza precisare di quanto», sottolinea a MF-Milano Finanza Samuele Lodi, segretario nazionale Fiom e responsabile settore mobilità, «ed è una decisione molto grave, ma anche una scelta pericolosa e preoccupante».

Perché?
Risposta. Perché siamo già in un enorme ritardo come Paese sulla transizione e la scelta di ritardare la gigafactory di Termoli mette a rischio anche le risorse pubbliche che erano state previste attraverso il Pnrr: spostando avanti il progetto, quel contributo rischia di non essere più disponibile. Nel frattempo Stellantis dice che Termoli continuerà a produrre motori: ma per quanto? Con quali volumi?

Stellantis sta facendo retromarcia sull’elettrificazione in Italia?
Sì ed è un ripensamento pericoloso e controproducente, perché in ogni caso, anche tornando a puntare sul motore endotermico, Stellantis non sta dando alcuna garanzia sui livelli occupazionali né sulla produzione. Tutti gli stabilimenti utilizzano ammortizzatori sociali e hanno una situazione preoccupante. Anche la stessa Pomigliano, ad esempio, dove la Panda dà volumi ma la Tonale no.

Mirafiori avrà la 500 ibrida, basta?
L’assegnazione del modello è positiva ma insufficiente, perché ha tempi troppo lunghi. Come farà a reggere l’impianto fino al 2026? Non può e infatti domani (oggi, ndr) a Torino ci sarà una nuova giornata di mobilitazione per tenere alta l’attenzione.

Si era parlato di Leapmotor come soluzione per Mirafiori, ma sembra verranno prodotte in Polonia. Sarebbe utile la produzione di elettriche cinesi a Torino?
Sarebbe una scelta auspicabile perché potrebbe essere una soluzione ai problemi di produzione di quell’impianto. Le condizioni per prendere una scelta di quel tipo da parte di Stellantis ci sono tutte, la volontà forse no.

Cosa chiedete perché si inverta la tendenza e Stellantis torni a produrre da subito più auto in Italia?
Intanto c’è da dire che da quando sono iniziate le trattative tra il governo e l’azienda sul famoso obiettivo del milione di veicoli l’anno in Italia la situazione nel frattempo è peggiorata, invece che migliorare. C’è bisogno soprattutto di questo: che Stellantis assegni agli impianti italiani produzioni di modelli per il mercato di massa, che siano in grado di realizzare ampi volumi produttivi. Ma bisogna anche cessare la politica degli esuberi che svuota anche gli enti centrali, ovvero dove si fa ricerca e sviluppo. Non si può più aspettare: è necessario che sia finalmente la presidente Meloni a sedersi a un tavolo per discutere direttamente sia con le organizzazioni sindacali che con l’ad Tavares. Se non dovesse esserci la convocazione a Palazzo Chigi, si renderà necessaria una mobilitazione unitaria a livello nazionale.

Nei mesi scorsi si è parlato tanto di un nuovo produttore in Italia oltre a Stellantis. Al di là del fatto che molti candidati sembrano scegliere altre mete, quanto servirebbe?
Secondo noi è assolutamente necessario che ci sia in Italia almeno un secondo produttore di auto, che sia cinese o di un’altra nazionalità. Perché attualmente si producono circa mezzo milione di veicoli in Italia, ma se ne immatricolano un milione e mezzo e quindi lo spazio c’è. Mentre Stellantis continua invece a non dare alcuna garanzia né a livello occupazionale né tanto meno produttivo.

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La Fiom è il sindacato delle lavoratrici e lavoratori metalmeccanici della Cgil

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