Mercoledì, 26 Marzo 2025

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Ricordare Ventotene contro le armi

Intervista a Michele De Palma su L'Economia del Corriere del Mezzogiorno. 

Michele De Palma, segretario Fiom, dopo la manifestazione per l’Europa, è tempo di affrontare il tema delle disuguaglianze sul lavoro. Nel 1989 la Commissione Delors adottò la Carta comunitaria dei diritti dei lavoratori: è ancora attuale o è necessario uno statuto europeo del lavoro come chiede il Forum disuguaglianze e diversità?

“Il 15 scorso, con gli altri colleghi italiani, sono stato ad Hannover per sostenere la battaglia dei lavoratori dell’IG Metall; a febbraio i metalmeccanici europei sono andati a Bruxelles perché la Ue si adoperi per una politica industriale che abbia come punto di riferimento il lavoro in una realtà che arretra verso gli egoismi dei Paesi: non si è imparato nulla dall’evento straordinario del Covid, per l’approvvigionamento di mascherine e di vaccini, si intessero e valorizzarono relazioni importanti con la Cina, gli Usa e la stessa Russia. Oggi la Ue sceglie di investire 800 miliardi in armamenti, dimenticando i principi fondativi sottoscritti a Ventotene, dimenticando che nel suo sistema economico ci sono prezzi diversi per l’energia, diverse norme per l’ambiente, tutele salariali differenti e dove esistono persino paradisi fiscali”.

Il lavoro è mutato: oggi – come ha ricordato il filosofo Umberto Galimberti – siamo nell’epoca della tecnologia, priva di qualsiasi visione del futuro, concentrata sul clic. Il sindacato è in grado di rispondere a questo?

“Il problema principale è il processo di finanziarizzazione dell’industria: di fronte abbiamo modelli di business che non si occupano del prodotto, ma dei risultati. Il patto tra capitale e lavoro del 900, sottoscritto sulle macerie della seconda guerra mondiale, è stato rotto. Tutto è puntato sulla massimizzazione del profitto di chi gestisce le piattaforme, per cui è importante solo il clic, come dice Galimberti. Si può dire che la democrazia è in crisi, perché è in mani di pochi”.

La Cisl, sulla base dell’articolo 46 della Costituzione, ha presentato una proposta di legge per la partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese, approvata dalla Camera il 27 febbraio in prima lettura. Gli imprenditori potranno aderire o meno al progetto, mentre la partecipazione economica dei lavoratori è affidata all’azionariato, senza tutele per gli eventuali rischi di impresa. Ma soprattutto, a differenza delle leggi in vigore in Francia e Germania, non si prevede la partecipazione gestionale dei lavoratori. Qual è l’opinione della Fiom in merito?

“Questo è uno scambio politico, nonostante il testo iniziale della Cisl sia stato svuotato. Le relazioni sindacato-impresa sono possibili se si è sullo stesso piano, mentre con questa norma è l’imprenditore che decide se al tavolo può sedersi il lavoratore, che non ha diritto di parola per la gestione dell’azienda. In Germania il punto fondamentale è invece proprio la codeterminazione dei progetti e delle scelte conseguenti. Non a caso i metalmeccanici di Fiom, Fim e Uilm sono uniti, perché condividono la piattaforma contrattuale e insieme scendono in piazza per il contratto per le grandi vertenze dell’automotive e della ex Ilva. Per riconquistare il tavolo di trattativa per il rinnovo del contatto nazionale abbiamo proclamato uno sciopero nazionale unitario il 28 marzo”.

La Regione Piemonte ha sottoscritto con Stellantis un accordo per l’integrazione della cassa integrazione di quei lavoratori che si impegnano in percorsi di formazione. L’intesa può essere replicata in Campania, Basilicata e Abruzzo?

“Il presidente Alberto Cirio si è impegnato ad integrare con fondi europei il salario dei lavoratori in cassa integrazione da anni. Naturalmente questo sostegno non sostituisce la questione dirimente: lo scorso anno, a fronte di un potenziale produttivo di 2 milioni di auto, dagli stabilimenti Stellantis ne sono state prodotte 300mila e nel 2025 si prevede un ulteriore contrazione, con il rischio occupazionale anche nelle aziende dell’indotto, importantissime in Campania, Puglia e Basilicata”.

La questione dell’ex Ilva si aggrava di fronte alla guerra dei dazi ingaggiata da Trump, ma il governo ha garantito ai sindacati che nel prossimo passaggio di proprietà vigilerà sui livelli occupazionali, l’integrità del gruppo e sui processi di decarbonizzazione. Vi tranquillizza questo impegno?

“Partendo dal dato che la produzione nazionale di acciaio non è sufficiente per il mercato interno, con il governo abbiamo insistito sull’integrità del gruppo perché per creare valore e andare verso la decarbonizzazione si deve rilanciare la produzione di acciaio, garantendo tutta l’occupazione. Questo è il nostro patto d’acciaio, per cui servono investimenti su ambiente e lavoro ed è necessario anche il controllo pubblico in capo allo Stato. Il governo, pur in una fase negoziale, ha fatto un’apertura alle nostre richieste, ora aspettiamo di concretizzare l’accordo, in fretta e bene nell’interesse dei lavoratori”.

Infine il salario minimo, che divide le confederazioni: lei tempo fa si era detto a favore, ora?

“Anche ora lo sono, ma per tutelare il selvaggio mercato del lavoro servono regole, che dovrebbero essere fissate anche nel nostro contratto nazionale: Federmeccanica e Assistal si tengono lontani dal tavolo negoziale, ci negano il diritto democratico della contrattazione e quindi della discussione sulla richiesta di aumento di 280 euro lorde in tre anni per il livello C3, in cui è compresa la massa dei metalmeccanici che oggi di base guadagna mensilmente 2.100 euro lordi per tredici mensilità. Noi, per riconquistare il tavolo di trattativa per il rinnovo del contratto, abbiamo proclamato uno sciopero nazionale unitario il 28 marzo".

La Fiom è il sindacato delle lavoratrici e lavoratori metalmeccanici della Cgil

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