“Voglio chiarire per prima cosa che noi siamo rimasti soli, completamente soli, noi insieme ai lavoratori con rare eccezioni come Rodotà e Zagrebelsky”. Parole pronunciate da Michele De Palma, segretario generale della Fiom, ricostruendo la battaglia condotta per il rilancio dell’auto.
- Avete presentato le vostre richieste alla proprietà di Stellantis?
“Fin dalla fusione tra Fca e Psa, da cui è nata Stellantis, abbiamo sollecitato la pianificazione, in Italia, di investimenti per far ripartire gli impianti. Siamo stati l'unico sindacato ad andare a Parigi, il 2 giugno scorso, per contrattare l’inserimento di nuovi capitali che assicurino lo sviluppo di futuri modelli in tutti gli stabilimenti, salvino l’occupazione e migliorino le condizioni di lavoro”.
- Non avete mai incontrato John Elkann o Carlos Tavares?
“ Elkann mai, Tavares una volta, su nostra richiesta, quando si è insediato come amministratore delegato”.
- Eravate al corrente della mail inviata a 15mila impiegati, per sollecitarne l’uscita in cambio di incentivi?
“Nessuno ci ha informati. La lettera è stata una scelta effettuata dalla proprietà in modo molto subdolo ma genera un problema: i primi dipendenti ad accettare sarebbero stati quelli con la conoscenza che serve di più all'azienda per sviluppare i prodotti futuri. Riguardo a Torino, va bene investire sul riciclo ma noi vorremmo progettare e produrre le auto, a partire da Mirafiori”.
- Lei è stato a Detroit. Che cosa si porta dietro?
L'esperienza dell'UAW, di Shawn Fain, dello sciopero e dei picchetti che ha migliorato le condizioni contrattuali e ottenuto la garanzia produttiva e occupazionale per i lavoratori americani. Questo dovrebbe essere il terreno di un'iniziativa unitaria anche in Italia. A Detroit il presidente Biden ha sostenuto la vertenza, qui invece?
- Lei ha detto lo Stato dovrebbe entrare in Stellantis perché non intervenite?
“Sì lo chiediamo da tempo che lo Stato italiano entri in Stellantis, al pari del Governo francese.
Stellantis sembra non essere intenzionata a potenziare, nel nostro Paese, alcuna attività. Cosa accadrà a Cassino, Pomigliano, Termoli. Un esempio è la Topolino, lanciata alla presenza del Sindaco di Torino, con l’imbarazzo che non verrà costruita a Mirafiori ma in Marocco”.
- Anche la Lancia verrà assemblata in Spagna…
“Nel corso degli ultimi anni l’Italia ha consentito agli azionisti, prima di Fca, ora in compartecipazione con Psa, cioè a Exor, quindi alla famiglia Elkann, una diversificazione di investimento finanziario e non invece nell’innovazione industriale e crescita occupazionale. C'è una responsabilità precisa, trasversale della politica, nessuno dei Governi che si sono succeduti negli anni ha mai chiamato a un tavolo contrattuale la proprietà, pur avendo, per assurdo, sempre assicurato la copertura economica, in termini di bonus o di sostegno attraverso risorse pubbliche e senza alcun riconoscimento al nostro Paese. Al momento della fusione vi erano in carica 55mila addetti, ora non superano 35mila. Siamo passati da impianti con due turni di occupazione ad un turno solo, il Centro di ricerca e sviluppo non ha sostanzialmente missioni, è stata ridotto il servizio di pulizia, esiste un peggioramento delle condizioni di lavoro e c’è bisogno di salari. È emblematica la situazione dei circa 1.300 lavoratori che partono alle due di mattina da Melfi per andare a Pomigliano: dopo 8 ore di lavoro, sottoposti anche ad un sovraccarico di mansioni con salari non adeguati, devono poi ritornare a Melfi. Mentre i dividendi degli azionisti e dell’amministratore delegato sono pazzeschi”.
- Che cosa chiederete durante la riunione del 6 dicembre?
“Andiamo a quel tavolo per trovare un accordo, conseguenza di una trattativa, il protocollo deve prevedere la salvaguardia degli impianti e la loro piena saturazione, per arrivare all’assemblaggio di 1.000.000 di vetture costruite in Italia, al netto dei 300mila veicoli commerciali leggeri realizzati alla Sevel. E se l’obbiettivo che comprende la garanzia occupazionale, la ricerca e sviluppo e la progettazione dei nuovi modelli non è raggiunto, stop ai finanziamenti. Senza dimenticare la componentistica, ossia i fornitori in toto, duramente puniti, queste le nostre condizioni non discutibili.
Chiederemo al Governo di agevolare l’ingresso di aziende straniere, sono necessarie risorse per consentire ad altri produttori di installarsi in Italia. La Fiom vuole attrarre nuove aziende, anche cinesi, che investano da noi, continuando a proteggere sempre le nostre strutture, evitando che escano ancora annunci su Immobiliare.it, nel rispetto della storia industriale del nostro Paese e per avere un sussulto di dignità”.