Si è tenuto a Vienna dal 14 al 16 giugno il 4° Congresso della PRO-GE, il sindacato che riunisce sotto la propria contrattazione tutta l’industria, inclusa quella alimentare e le agenzie di somministrazione.
La PRO-GE è un sindacato da sempre fortemente radicato nella contrattazione collettiva, conflittuale, e che difende un modello molto simile al nostro, basato sulla centralità del contratto collettivo nazionale. Il congresso ha visto un cambio di guida da Rainer Wimmer, colonna del sindacato austriaco e deputato socialdemocratico, a Reinhold Binder. La nuova Segreteria così come il segretario sono stati tutti eletti con percentuali che definiremmo più che bulgare, alcuni con oltre il 99% (il voto è dato individualmente per ogni carica). Questo uno degli obiettivi che Wimmer aveva chiesto al congresso: far uscire un’organizzazione forte e coesa pronta alla sfida importante che attende il sindacato, alle prese con uno scontro pesante con il governo di Kurtz sostenuto dalla destra radicale.
Il livello dello scontro esercitato nei mesi scorsi e ribadito da tutto il congresso è sostenuto ed esplicito, anche in una relazione con la politica con la quale il sindacato ha un legame molto forte (lo stesso segretario generale è anche deputato appunto) che è sicuramente figlia di un modello politico sindacale diverso dal nostro ma che merita di essere anche solo superficialmente accennato per capire le ragioni del dibattito odierno.
Le priorità che si dà il sindacato sono tutte concentrate sulla lotta all’inflazione, causata per 2/3 dicono dalla crisi energetica ma per 1/3 dalle politiche sbagliate del governo nazionale e qui vale la pena di dire che, nei dati che ci hanno mostrato, si collochino al terzo posto in Europa per il livello del tasso di inflazione che colpisce il potere di acquisto delle lavoratrici e dei lavoratori.
La proposta è chiara: non firmare nessun contratto che preveda un salario sotto i 2.000€ netti che dovrà essere presa come base minima. Lotta alla fuga dalla contrattazione collettiva nazionale e contrarietà ad un modello che veda spostarsi la centralità sulla contrattazione di secondo livello.
Riduzione dell’orario lavorativo specialmente per i lavoratori con mansioni più stressanti visto che i livelli di pressione del capitale sulla produzione sono sempre più esasperati e non conciliabili con salute sicurezza e difesa del proprio tempo di vita. Riduzione che deve essere raggiunta anche con il ripristino di strumenti di prepensionamento e di riduzione dell’età pensionabile, anche qui la risposta è chiara: 45 anni di lavoro sono fin troppi.
Lotta alla precarietà, allo sfruttamento del lavoro (il lavoro fatto sull’agricoltura particolarmente portato ad esempio dal sindacato europeo Effat, invitato al congresso come IndustriAll Europe e Global) e richiesta di piena cittadinanza: tutti devono poter votare come accade per altro in tutti i posti di lavoro. Immancabile il punto sulla transizione, giudicata necessaria rispetto alla quale sono necessari nuovi diritti e un maggior coinvolgimento dei delegati e delle delegate, perché l’informazione preventiva e tempi adeguati di discussione fanno, insieme a politiche industriali più incisive, l’unico modo per non far pagare alle lavoratrici e ai lavoratori il prezzo della transizione e affrontarla invece come auspica la PRO-GE: “insieme ai lavoratori in maniera democratica”.
Ma una parte del cuore pulsante del congresso è rivolta alla rivendicazione di uno stato sociale come pietra miliare della democrazia. E qui è necessario un passaggio indietro di 100 anni, negli anni che separano le due guerre mondiali quando, deposta la corona nel 1918 l’Austria diventa una Repubblica e i socialdemocratici viennesi conquistano nel 1919 alle prime elezioni la maggioranza assoluta. Da allora Vienna, così come nella storia attuale, sarà spesso in totale controtendenza con il resto del Paese, più chiuso rispetto alla capitale che sceglierà la destra, anche attuale. Il governo socialdemocratico resiste, al governo della città, fino al 1934 con l’arrivo del nazismo e lo recupererà ininterrottamente fino ad oggi, subito dopo la guerra.
Questo periodo, noto come la Rote Wien, il periodo della Vienna rossa, è un momento nel quale il partito socialdemocratico impone una serie di iniziative epocali a partire dall’emergenza abitativa. Alla fine della prima guerra mondiale Vienna è invasa da rifugiati che rientrano dalle periferie dell’ex impero asburgico, contemporaneamente abbandonata dai funzionari dell’impero che non hanno più ragione di essere in una capitale rimasta grandissima per le dimensioni che ha assunto l’Austria e da una miriade di soldati e invalidi di guerra. Il sovraffollamento e le condizioni igienico sanitarie terribili degli alloggi sono il terreno perfetto per lo scoppio di pandemie tra le quali la tubercolosi, così dal 1919 il partito decide che la priorità è rispondere all’emergenza abitativa per creare un uomo nuovo, sottratto all’alcool e alle angherie della povertà. Costruiscono in tutto il periodo 61.175 appartamenti: tra i più celebri il KARL-MARX-HOF (che è tutt’oggi il palazzo più lungo al mondo con più di un chilometro di estensione e all’interno asilo, parchi, dentista e medico) e la centralissima Hundertwasser. In breve tempo danno risposta a decine di migliaia di persone e la cosa interessante sono le risorse con le quali questa operazione viene condotta: tetto agli affitti privati così da far scendere l’interesse delle imprese nel settore privato e la maggior disponibilità a dedicarsi all’edilizia pubblica. Tassazione dei profitti, in particolare al ramo austriaco della famiglia banchiera dei Rothschild (da non confondere con la persecuzione della quale soffriranno costretti dai nazisti a lasciare il Paese con la confisca di tutti i beni), l’introduzione di una tassazione progressiva a sostegno dell’edilizia pubblica, una tassa sui beni di lusso incluse le sacher torte e l’imposizione della scelta, da parte del governo della città, dei luoghi in cui costruire gli alloggi popolari. In questo sta parte della fortuna del programma e dello sviluppo in un secolo di Vienna: gli alloggi sono tutti distribuiti in varie aree, incluse quelle più ricche, dove hanno la forza di imporre le costruzioni che si ritroveranno così immerse tra pregiate ville private, indistinguibili, o tra le altre case private, così da evitare quartieri ghetto e favorire interscambio tra la popolazione.
Da allora la politica delle Gemeindebau non si è mai fermata. Oggi sono più di 200.000, più l’equivalente ad affitto agevolato con possibilità di riscatto, e la soglia per l’accesso è quella di uno stipendio netto di 3.000€ per un single e, ovviamente, più alto per una famiglia in base alla numerosità del nucleo. Questo fa di Vienna una città che nonostante la crisi immobiliare è riuscita a gestire, grazie al ruolo giocato dallo Stato, i prezzi del mercato e ad accaparrarsi da oltre un decennio la posizione di capolista per la qualità della vita.
Viaggiando su metro e tram mi sono chiesta durante il congresso cosa fosse il klimaticket che campeggia come pubblicità sui mezzi: si tratta, a proposito della qualità della vita e della transizione, di un abbonamento ai mezzi pubblici e privati del Paese che costa 3€ al giorno e che permette di spostarsi con treni pendolari, metro, tram e bus e disincentivare il traffico.
Tutto questo per dire cosa? Che quando il congresso tocca con forza sostenuta il tema della tassazione degli extraprofitti, quando si confronta aspramente col governo nero-blu di Sebastian Kurtz mettendo al centro la necessità di creare giustizia sociale, redistribuire risorse e stabilizzare la società (in senso economico ma anche assicurando la pace sociale) lo fa difendendo le radici della storia del movimento politico e sindacale austriaco.
Al congresso interviene il neo-eletto segretario del partito socialdemocratico austriaco Andreas Babler. Babler è stato eletto a sorpresa al riconteggio dei voti che a prima stima aveva attribuito la vittoria al candidato della corrente più moderata. Babler eletto due volte sindaco di Traiskirchen ha fatto della sua città quella maggiormente accogliente ed inclusiva per i migranti arrivati in Austria e sarà lui che sfiderà alle elezioni il governo di destra che fa della retorica dell’invasione il sale della sua campagna. D’altronde come commenta il sindacato metalmeccanico: se segui la destra su quel terreno le persone scelgono la versione originale, invece Babler dichiarando necessaria una nuova ed opposta visione di società offre un orizzonte di speranza. È indicato come un candidato radicale, ma come lui stesso afferma al congresso sindacale, che gli riserva molteplici applausi e standing ovation finale, cosa sarebbe radicale? Ridistribuire la ricchezza a beneficio di pochi o introdurre una patrimoniale e ridurre l’orario di lavoro per tutti?
In conclusione la PRO-GE, con un programma di azione per il futuro alla mano e analisi della determinazione che ha sempre dimostrato, sembra intenzionata a confrontarsi con le sfide attuali e future, forte della propria identità; certamente continuerà a essere un’organizzazione sorella con la quale costruire un asse nelle sfide europee ed internazionali che ci attendono.