Domenica, 22 Dicembre 2024

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Senza rivoluzione green il lavoro muore

Segretario, a quattro anni dall’ultimo congresso della Cgil celebrato a Bari, cosa è cambiato nelle relazioni industriali?

“Abbiamo vissuto fasi alterne: per esempio durante la pandemia di Covid gli imprenditori volevano “continuare a correre” a prescindere, invece con le nostre lotte per ottenere misure sanitarie adeguate, il blocco dei licenziamenti abbiamo salvato vite umane e il sistema industriale e questa dura esperienza ha dimostrato quanto sia importante la mediazione della contrattazione”.

Al recente congresso di Rimini lei ha indicato tre temi: politiche industriali per la transizione, salari adeguati e stabilizzazione dei precari. Anche Ignazio Visco e Paolo Gentiloni nel loro recente confronto hanno posto con forza lo sguardo soprattutto sul primo punto. Questo cosa significa per il Mezzogiorno?

“Mentre si ragiona di transizione ecologica e digitale ci si dimentica che nel Sud si sta andando alla dismissione industriale. La mappa delle crisi in mano al ministro Urso è inequivocabile: ex Ilva (tutti continuiamo a chiamarla così), Bosch, Whirlpool, Dema, e le aziende di Termini Imerese, Siracusa, Gela, Portovesme, Melfi, sono tutte realtà che attengono ai settori principali dall’automotive alla siderurgia fino all’energia e elettrodomestico. Si dice che la transizione energetica ridurrà il lavoro e invece a Catania con STM si raddoppia lo stabilimento di semiconduttori”.

Il commissario europeo ha detto che l’Italia, secondo Paese manufatturiero d’Europa, non può “trascinare i piedi” sul fronte della transizione ecologica o sognare di tornare ad altre epoche: è un rischio reale?

“Se si investono risorse per conservare solo ciò che si ha si accelera la crisi del Paese: Stellantis nel 2030 produrrà auto elettriche e quindi perché buttare soldi pubblici per guadagnare qualche mese in più per i motori endotermici? Noi producevamo 2 milioni di auto, soprattutto al Sud, ora non andiamo oltre le 500mila vetture e cosa fa il sistema Paese? Tesla ha scelto la Germania della Volkswagen, di Audi, Mercedes, Opel, Porsche, Smart per produrre le sue auto e anche la Cina sta per sbarcare in Europa: ci si sta chiedendo come fare per attrarre investimenti in Italia, nel Mezzogiorno? Qui, senza l’industria, non si potranno avere rinascita, contratti nazionali, legalità e – come dice l’economista Mariana Mazzucato – “capitali pazienti”, utili per il futuro del territorio, non volatili come quelli finanziari. Per questo l’obiettivo è l’occupazione stabile e in questa fase di transizione è indispensabile la rigenerazione lavorativa, attraverso la formazione permanente, l’accompagnamento alla pensione per chi ne ha diritto e l’assunzione di giovani per fermare lo spopolamento del Sud”.

Il sindacato da tempo è accusato di essere “conservatore” e di non occuparsi delle precarietà, né tanto meno della crescita produttiva. È così?

“Chi dice questo dovrebbe venire a Pomigliano e vedrebbe uscire una Panda ogni 50 secondi. Stellantis può produrre ancora 2 milioni di auto, ma si sceglie la cassa integrazione e, quindi, il problema della produttività è dell’azienda o dei lavoratori? La questione è di sistema: per esempio in Emilia, si riduce l’orario di lavoro, si pagano i premi di produzione perché c’è un ecosistema che funziona meglio, mentre al Sud spesso non ci sono nemmeno i contratti di secondo livello perché il lavoro dei metalmeccanici sopperisce alle mancanze di infrastrutture dello Stato e di investimenti dei privati.

Lei si riferisce prevalentemente all’automotive, e il resto?

“Vogliamo parlare dell’exIlva dove cresce la cassa integrazione e diminuiscono i volumi produttivi? Nel Mezzogiorno è totalmente assente una programmazione industriale. Quanto al disinteresse o meno del sindacato verso il precariato faccio un solo esempio: mentre in Spagna si favorisce la stabilizzazione, in Italia si va avanti con le “agenzie di somministrazione”, così un lavoratore diventa sostanzialmente un prodotto che si sposta di qua o di là o in staff leasing con si stabilizza la precarietà: contratti inadeguati a dare stabilità di diritti e salario”.

Maurizio Landini, riconfermato alla guida della Cgil, ha “aperto” alla possibile riduzione della settimana lavorativa: lei che ne pensa?

“Va bene, ma con una rimodulazione dell’organizzazione del lavoro, a parità salariale, perché così si amplierebbe la base occupazionale. Ma siamo preoccupati per il Mezzogiorno, per la situazione occupazionale, salariale, per la precarietà e l’inadeguatezza dei servizi. Se a ciò si aggiungesse l’autonomia differenziata il Paese si spaccherebbe in due, irrimediabilmente”.

La presidente Meloni ha ribadito il no del governo al salario minimo: Fiom che dice?

"Chiediamo una legge sul salario minimo e sull’erga omnes” dei contratti nazionali (atti efficaci per tutte le parti nella contrattazione collettiva, ndr) per combattere il lavoro povero e applicare la Costituzione".

E sul fisco che cosa pensa?

"Non hanno senso i bonus, come quello sull’auto dato ai ricchi, senza ricadute occupazionali e produttive in Italia. Serve una riforma del fisco in senso progressivo come previsto dalla Costituzione repubblicana. È indispensabile ridurre le tasse sul lavoro dipendente e aumentarle ai ricchi, tassare le rendite finanziarie, gli extraprofitti e i grandi patrimoni; e finalmente combattere i 100 miliardi di evasione fiscale per garantire la scuola, l'università e la sanità pubblica".

La lotta contro la riforma pensionistica in Francia può suggerire qualcosa all’Italia?

“Non entro nel merito ma in Italia sappiamo bene i danni che ha determinato l’aumento dell’età pensionabile e il passaggio al contributivo. Ma in Francia quando un intero Paese e tutti, proprio tutti, i sindacati sono contro la riforma e tutto ciò è ignorato dal governo e da Macron significa che non c’è stata trattativa ed è entrata in crisi la democrazia: il presidenzialismo è un disastro. Noi siamo una repubblica democratica fondata sul lavoro e la difenderemo contro chi volesse cambiarla.

 

Intervista pubblicata su "L’Economia del Corriere del Mezzogiorno" del 27 marzo 2023 a firma di Rosanna Lampugnani

La Fiom è il sindacato delle lavoratrici e lavoratori metalmeccanici della Cgil

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