Il 16 settembre scorso, la vita di Mahsa Amini spezzata dalla mano della polizia morale perché «colpevole» di avere una ciocca di capelli fuori dall’hijab, diventa la scintilla che ha dato voce e coraggio alle donne iraniane.
Comincia così in Iran la lotta per la conquista dei diritti civili che nessuna donna dovrebbe vedersi preclusi. Ma queste donne sono state capaci di ispirare e guidare tutto il loro popolo e la rivolta contro l’imposizione del velo si è allargata fino a reclamare qualcosa di più grande ed imprescindibile:
GIUSTIZIA, UGUAGLIANZA E DEMOCRAZIA
La rivolta già conta centinaia di morti e migliaia di arrestati, più di 50 i condannati a morte, condanne già cominciate ad essere eseguite per impiccagione, ed è una rivolta contro un regime di terrore, orrore e sangue che ha unito nella lotta e nella resistenza donne, uomini, giovani, vecchi, bambine e bambini di tutte le estrazioni sociali.
Ogni giorno, nonostante le censure, le repressioni, gli avvelenamenti, gli stupri, le torture, gli omicidi, queste donne preferiscono manifestare noncuranti dei pericoli, non perché hanno deciso di morire ma proprio perché hanno deciso di vivere e non possono più sopportare di farlo senza diritti e senza libertà.
Da questa parte del mondo possiamo dare il nostro contributo dando voce e alimentando un dibattito pubblico mondiale, tenendo alta l’attenzione su ciò che sta accadendo in Iran senza dimenticare quanto succede in altre parti del mondo, come in Afghanistan, dove le donne, a causa dei regimi integralisti talebani, hanno subito la cancellazione dei diritti fondamentali come quello di vestirsi liberamente, scegliere la scuola, esercitare la loro professione o semplicemente lavorare.
La storia di queste donne deve essere da monito a tutte e tutti, i diritti conquistati, se non difesi, possono essere persi, anche in realtà più democratiche.
In Italia, ad esempio, la legge 194/78 sull’aborto è sempre, più o meno subdolamente, sotto attacco, specialmente in questo momento storico, ma anche il diritto allo studio, alla salute, le unioni civili, etc. e, nonostante la legge sancisca parità di trattamento tra uomini e donne in ambito lavorativo, è necessario ogni volta, all’ interno dei nostri contratti collettivi nazionali e dei contratti integrativi, inserire ulteriori tutele per le donne vittime di violenza e controlli per l’applicazione della vera parità di trattamento.
Tale diritti, è doveroso sottolinearlo, sono stati ottenuti con la straordinaria resistenza e le battaglie delle donne, delle lavoratrici e della comunità civile tutta e tocca a noi difenderli.
Le donne e gli uomini della Fiom-Cgil si impegnano quindi ad alimentare la discussione sulla lotta per i diritti delle donne iraniane e di tutte le donne che stanno lottando per la loro dignità e libertà. Mai come quest’anno l’8 marzo assume un significato serio e di profonda riflessione su quanto ancora succede nel mondo a danno delle donne.
Per questo le donne e gli uomini della Fiom Leonardo invitano tutte le lavoratrici e i lavoratori a farsi protagonisti, stringersi nella lotta e sostenere le donne iraniane perché la morte di Mahsa Amini e di tutte le altre donne non siano mai più per mano di uomini e regimi violenti, oppressori e dittatori. Oggi come ieri, il silenzio significa essere dalla parte sbagliata, significa essere traditori dell’umanità. È quindi giunto il tempo per tutti di dire no ai soprusi e di urlare a gran voce:
JIN, JIYAN, AZADI
Coordinamento Fiom donne Leonardo