Venerdì, 15 Novembre 2024

Fca: è ora di cambiare. Non si può andare avanti così

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Il “piano di Detroit”, nuovi modelli e tutti al lavoro, sembra ogni giorno più lontano e il buio è calato sul rinnovo economico del contratto. In verità è sempre di più una partita a “carte coperte” quella sulle nuove vetture e sul salario dei lavoratori. C'è ancora chi ha il coraggio di dire che è “colpa della Fiom”, ma le chiacchiere stanno in poco posto.

In Italia FCA continua a perdere mercato, il che significa che Fiat perde più delle altre case automobilistiche, mentre negli Stati Uniti in particolare Jeep e Chrysler vedono un aumento dei volumi. Certo, il mercato è in crescita più che in Europa, ma l'azienda incrocia la crescita con nuovi modelli. Nel nostro Paese fatta eccezione per lo stabilimento di Grugliasco (Maserati) e Modena (Ferrari), per il resto i volumi non saturano gli impianti. Mirafiori è senza missione produttiva, Modena (Maserati) non ha certezze, a Cassino dal 15 luglio cessa la produzione di Bravo e Delta, Pomigliano non satura tutti gli addetti e la nuova Panda è prevista per il 2018, mentre a Melfi il lancio della Jeep Renegade (sarebbe dovuta partire a luglio) non c'è ancora stato. Gli stabilimenti della Magneti Marelli (in particolare la parte Plastic) e della Power Train (cambi e motori) legati alle produzioni italiane soffrono gli effetti degli stabilimenti di assemblaggio e montaggio.

In queste settimane si va concretizzando la certezza di ulteriore cassa integrazione per i prossimi anni. Continuano ad esser firmati accordi di cassa straordinaria senza un piano d'investimenti legato alla programmazione del rientro di tutti i lavoratori e come se non bastasse la formazione negli stabilimenti è a costo del lavoratore, visto che non c'è mai una integrazione salariale. Infine, spesso la rotazione negli stabilimenti non è rispettata, né verificata.

Il costo della ristrutturazione che la direzione della FCA sta tenendo è scaricata completamente sulle maestranze. Sono anni che i lavoratori sono in cassa integrazione e questo pesa sui bilanci di chi vorrebbe semplicemente tornare al lavoro e avere il proprio salario.

Il salario che continua a ridursi in FCA. Dove sono gli aumenti promessi? Si è passati da una struttura salariale che prevedeva i minimi del Contratto Nazionale a cui si sommavano i risultati della contrattazione di secondo livello (premio di 103 euro mensili e una “una tantum” di 600 euro col passaggio al CCSL erogate a tutti i lavoratori, anche quelli in cassa) a un salario che non aumenta in paga base come invece è successo per tutti gli altri metalmeccanici nelle aziende dove si applica il Contratto Nazionale. Le organizzazioni sindacali firmatarie sono passate dalla richiesta di aumenti in paga base a una “una tantum”, sugli straordinari al nulla.

È ora di cambiare: la Fiom propone un unico tavolo negoziale

sul futuro industriale e sul salario

 

Roma, 9 luglio 2014

La Fiom è il sindacato delle lavoratrici e lavoratori metalmeccanici della Cgil

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