Prima Taranto, poi Bari. La marcia di avvicinamento della Cgil verso la manifestazione nazionale dell'8 ottobre a Roma porta Michele De Palma, eletto segretario generale della Fiom ad aprile, nella "sua" Puglia. A Bari, nella sala del Consorzio Asl nella zona industriale con il segretario della Cgil pugliese, Pino Gesmundo, in un incontro cui partecipano anche Libera e Anpi, ma prima a Taranto, tra i lavoratori dell'ex Ilva.
Il suo tour non poteva cominciare dall'emblema che rappresenta Taranto per l'economia italiana.
"Taranto e l'ex Ilva sono un punto da cui guardare la situazione dell'Italia e in particolare del Mezzogiorno. La mancanza degli investimenti, sia privati sia pubblici, dimostra che si fa un danno all'ambiente da un lato e al lavoro dall'altro. E più in generale alla situazione della Puglia e del Sud".
Perché questo stallo?
"La situazione paradossale è vedere i lavoratori in cassa integrazione che aumentano nello stabilimento perché non ripartono gli altoforni, mentre, in un momento come questo, molto delicato per l'industria del nostro Paese, avremmo avuto la necessità di produrre acciaio che avrebbe potuto pagare gli investimenti necessari per l'ambientalizzazione".
Quali rischi intravede?
"Senza la transizione, senza una programmazione della transizione, i danni sociali e ambientali diventano devastanti".
Si aspettava qualcosa in più dall'intervento dello Stato?
"Ho l'impressione che all'impegno finanziario non corrisponda un ruolo di direzione. E questo è un punto di debolezza del nostro sistema. Bisogna assolutamente riprendere il confronto con il management di Arcelor Mittal ma anche con Invitalia: manca un piano strategico da un lato e c'è una crisi vera degli impianti. Con la mancanza di manutenzione degli impianti si rischia di determinare infortuni. Taranto e l'ex Ilva saranno il primo banco di prova del nuovo governo".
La Puglia, tuttavia, ha intrapreso nuove strade. Come quella dell'aerospazio, ad esempio.
"L'aerospazio in Puglia rappresenta il primo settore per numero di occupati della Regione. In Leonardo ci sono importanti iniziative di carattere pubblico. Dall'altro lato, ci sono pero alcune criticità che stiamo affrontando. Penso alla Bosch, che sta individuando soluzioni, penso alla situazione transitoria dello stabilimento Marelli di Bari, c'è la reindustrializzazione dell'ex Sofim a Foggia. Per questo c'è bisogno di rafforzare la ricerca da un lato, e di consolidare le cose dal punto di vista manifatturiero. Occorrono risorse sulla formazione, sulla conoscenza e sulla coscienza che l'industria della transizione ecologica è una leva fondamentale per arrivare a contratti di lavoro seri. Quanto all'informatica, sono necessari investimenti in un'istituzione come il Politecnico, che può generare valore aggiunto con le scuole professionali e gli istituti tecnici".
Intanto i costi impazziti dell'energia rischiano di complicare il quadro per le aziende che minacciano la chiusura e per i lavoratori che si vedono ridurre, con l'aggiunta dell'inflazione, il potere d'acquisto dei loro salari.
"Nei giorni scorsi ho partecipato a un incontro con i sindacati europei. Noi abbiamo compensato, il nostro sistema industriale ha compensato con i problemi di produttività e infrastrutturali, sia materiali che immateriali, con una dimensione del costo del lavoro che non è comparabile con quella di un operaio tedesco. Oggi il dumping che si determina sul piano dei costi energetici può determinare il fatto che le aziende vadano letteralmente fuori mercato".
Di male in peggio...
"In Francia e Germania hanno nazionalizzato le aziende quotate in Borsa per garantire una stabilità dei costi con un tetto all'energia. Noi in Italia andiamo avanti con i bonus. Tra strategicità degli investimenti e episodicità dei bonus c'è la differenza fra un Paese che guarda al futuro e un Paese che invece vive alla giornata".
Perché non si nazionalizza anche qui?
"Banalmente bisognerebbe fare ciò che propone il segretario generale della Cgil Maurizio Landini: intervenire sugli extraprofitti e redistribuirli per sostenere lavoratrici e lavoratori. Il lavoro dipendente è ciò che garantisce il gettito fiscale del Paese. Quindi devi intervenire su questo fronte, detassando i salari. Per i metalmeccanici l'anno prossimo ci sarà l'aumento di 80 euro sui minimi contrattuali: quello andrebbe completamente detassato per lasciarlo tutto ai lavoratori. E poi il tetto alle bollette. Mi spiego: i lavoratori non emettono scontrini e fatture. Gli aumenti si scaricano sui redditi fissi rischiando di far saltare per aria il Paese. Rischiamo conflitti ingovernabili dalla situazione che sta emergendo. Per questo l'8 ottobre avanzeremo delle proposte. Erano per Draghi, proveremo a farlo con il nuovo governo".
Con il premier Draghi come è andata?
"Non molto bene. Per questo la proporremo in piazza. Del resto, del voto del 25 settembre voglio soltanto citare il dato dell'astensionismo al Sud. È stato drammatico. Quella parte di rivolta verso le istituzioni e lo Stato è già in corso, perché chi non va a votare non si sente dentro a una comunità nel pieno della cittadinanza. Per questo bisogna applicare la Costituzione e non cambiarla, vedi la frattura tra Nord e Sud e, dentro il Sud, tra chi è dentro e chi è fuori".
Intervista a Michele De Palma pubblicata su "la Repubblica" ed. di Bari del 30 settembre 2022