Francesca Re David, segretaria generale della Fiom, il 28 ottobre il Comitato centrale votò otto ore di sciopero. Vi accusarono di «fuga in avanti». Alla fine Cgil e Uil hanno deciso per lo sciopero generale. Potete rivendicare di aver avuto ragione.
I metalmeccanici sono una categoria particolarmente esposta alla mancanza di risposte nella legge di Bilancio. Il settore industriale davanti ad una epocale transizione di sistema ambientale, energetico e digitale in cui si sono aperti dei disastri: da giugno abbiamo multinazionali che delocalizzano – ultima delle quali giovedì gli svizzeri di Ronal Group che hanno annunciato la chiusura della Speedline a Tabina in provincia di Venezia con 800 lavoratori nel dramma – e in più con due settori fondamentali come la siderurgia e l’automotive nei quali non sappiamo se e come il governo utilizzerà i soldi del Pnnr. Infine abbiamo moltissimi lavoratori usuranti e precoci che chiedono giustamente di poter andare in pensione. Insomma, finora la transizione si è tradotta solamente nel lasciare i lavoratori in cassa integrazione o in Naspi e siamo stati convocati dal governo esclusivamente per gestire queste crisi che raramente trovano risposte adeguate nelle sedi istituzionali o dopo i nostri scioperi e mobilitazioni. Per questi motivi siamo particolarmente critici rispetto a una finanziaria che non affronta la precarietà del lavoro, le politiche industriali, e non prevede ammortizzatori sociali adeguati a fronteggiare questa fase, nonostante risorse senza precedenti.
La vostra posizione è diventata quella di due confederazioni su tre: è un bel successo.
Uno sciopero generale confederale ha caratteristiche diverse da uno sciopero di categoria. Abbiamo sempre basato le nostre richieste sulla specificità delle lavoratrici e dei lavoratori dell’industria e sulla piattaforma unitaria di Cgil, Cisl e Uil. E’ molto importante che anche la Uil abbia deciso fare la stessa scelta della Cgil, perché la massima unità possibile dà forza alle ragioni dello sciopero.
Nel settore metalmeccanico succede tutto prima: anche le divisioni con la Fim-Cisl mentre nei casi dell’accordo sulle assunzioni precarie alla Piaggio e in Stellantis siete da soli a non firmare accordi. C’è il rischio di un ritorno alle divisioni permanenti in Fca?
Non siamo più nell’era Marchionne e dei contratti separati. Gli ultimi due contratti nazionali dei metalmeccanici li abbiamo firmati, sono innovativi e sono stati votati dai lavoratori. Stellantis non ha la testa in Italia e per questo l’intervento del governo è ancora più urgente. Siamo in una fase completamente diversa, noi puntiamo sempre all’unità sindacale sancita dal voto dei lavoratori. In Piaggio è stato proposto un accordo che utilizza l’articolo 8 di Sacconi in deroga al contratto nazionale: anche in questa azienda, pure in una fase di grande crescita, la precarietà è senza fine. In Stellantis abbiamo firmato molti accordi di gestioni di crisi negli stabilimenti ma ora è il momento di capire se si va verso una riduzione strutturale dell’occupazione negli stabilimenti italiani: serve che il governo chieda conto a Stellantis e apra un tavolo vero su tutto il settore dell’automotive.
Tornando allo sciopero generale commentatori e partiti all’unisono sono molto critici. Non le pare che questo coro dimostri quanto siano scollati dalla realtà di un paese impoverito dalla pandemia.
Mi pare che i commentatori prescindano sempre dal merito delle questioni. È tutta la politica a essere sempre più scollata dalle persone, noi non ce lo possiamo permettere perché siamo rappresentanza sociale. Ricordo sempre che lo sciopero unitario Fim, Fiom, Uilm l’anno scorso fu definito da un commentatore “surreale”. E invece è stato un successo decisivo per arrivare a firmare il contratto nazionale e insieme alla messa in sicurezza delle imprese durante la pandemia, pretesa dai lavoratori, ha contribuito a permettere all’industria italiana di aver intercettato la ripresa meglio in Europa. Definire il diritto costituzionale allo sciopero come “eversivo” è un arretramento di civiltà e democrazia nel nostro paese. Noi abbiamo guardato al merito delle questioni, a una legge di bilancio che va contro i giovani, le donne e il Sud non ponendo alcuna condizionalità alle ingenti risorse date alle imprese e penalizzando nel fisco i redditi bassi e medio bassi.
Landini e Bombardieri nel presentare lo sciopero hanno tenuto a distinguere «l’impegno di Draghi» dalle colpe dei partiti. È una mossa tattica per non compromettere il dialogo o davvero Draghi è meglio della sua maggioranza?
Non c’è dubbio che con una maggioranza così composita quando i nodi vengono al pettine fare sintesi anche per Draghi è ancora più difficile. È altrettanto vero però che il calo della partecipazione al voto è soprattutto nelle fasce con redditi bassi che non si sentono rappresentate dalla politica. Detto questo, i problemi strutturali della finanziaria di certo vanno oltre quanto successo nell’ultimo passaggio in cui Draghi è stato messo in minoranza. In questi anni sono stati dati quasi 180 miliardi alle imprese. Non c’è stata redistribuzione nonostante i soldi del Pnrr e le disuguaglianze crescono.
Il futuro prossimo rischia di portare ad una situazione politica ancora più precaria con l’elezione del presidente della Repubblica. È preoccupata?
Noi siamo e vogliamo restare autonomi dalla politica, ma non siamo indifferenti. La nostra prima preoccupazione è che un paese come l’Italia senza politica industriale non ha futuro. Per questo la nostra preoccupazione si tramuta nella necessità di un rapporto ancora più stretto con i lavoratori e lo sciopero generale va in questa direzione per contrastare un rischio di involuzione democratica che un futuro politico instabile si porta dietro.
Intervista di Massimo Franchi a Francesca Re David pubblicata su "Il Manifesto" del 9 dicembre 2021.