Quello che è successo ieri in Almaviva è un fatto per nulla scontato in un contesto tanto classico quanto inedito: lo sciopero da remoto.
Da più di un anno ormai le circa 3.500 lavoratrici e lavoratori informatici sono chiusi in casa per la pandemia, potenzialmente divisi e isolati, eppure si sono fatti collettivo a centinaia e centinaia nelle numerose assemblee e poi hanno incrociato le braccia, o meglio, chiuso i computer e spento i cellulari, per scioperare.
La storia è la solita, quella cioè dell’arroganza di un’impresa che scopre quanto siano importanti, essenziali, strategici e vitali le persone che lavorano per loro, solo nel momento in cui queste sono costrette a sottrarsi dal lavoro.
Eppure quest’anno ce ne sarebbero stati di motivi per essere riconoscenti ai dipendenti che hanno permesso all’azienda, con la forza dei propri wi-fi, di non chiudere neppure per un giorno, di rimanere operativa e confermare i propri risultati.
L’azienda invece ha provato a cogliere nella tempesta perfetta l’occasione per sfilare da sotto al naso alle lavoratrici e ai lavoratori salario contrattato e per aumentare l’orario di lavoro, mai paga degli sforzi sui quali ha potuto far affidamento fino ad ora e convinta di voler fare del ribasso delle condizioni di lavoro, una leva di competitività sul mercato che comunque si presenta in forte espansione.
La risposta delle lavoratrici e dei lavoratori nelle assemblee e alla mobilitazione, con punte del 90% di adesione allo sciopero, ci dimostra una cosa fondamentale: che nemmeno una pandemia può fermare le lotte di chi lavora e che la lotta collettiva, anche se cambia forma paga!
A metà sciopero infatti l’azienda ha riaperto il tavolo, revocato il regolamento unilaterale e riaperto la trattativa impegnandosi a non compiere azioni unilaterali lungo il percorso che porti ad un rinnovo dell’accordo di secondo livello.
La trattativa certo è stata e sarà complicata non solo per le posizioni al tavolo ma anche perché questo tavolo è scomposto in decine di quadrati su uno schermo e lo sforzo richiesto alle delegate e ai delegati in questa fase sta anche lì: nella fatica quotidiana della ricerca di sintesi e soluzioni senza potersi guardare negli occhi.
La lezione che le lavoratrici e i lavoratori e la loro rappresentanza ci insegnano, però, è molto preziosa e parla a tutte quelle persone che da mesi lavorano da sole tra le mura di casa: lo sciopero non è uno strumento soggetto all’usura del tempo, dalle difficoltà si esce fuori collettivamente e si può vincere uniti seppur distanti!