Quanti sono i dipendenti nell’industria metalmeccanica in Italia? Più di 1,8 milioni (dati Istat) se contiamo anche il lavoro interamente sommerso (che avrebbe un’incidenza relativamente bassa in questi comparti) e quel po’ di occupazione metalmeccanica attiva in imprese che ufficialmente non sono metalmeccaniche: al netto di queste due componenti, gli occupati delle imprese metalmeccaniche sono 1,7 milioni.
Alla vigilia della crisi superavano i due milioni: in un quinquennio le imprese metalmeccaniche hanno dunque bruciato circa 300 mila posti di lavoro. Un terzo di questa perdita è concentrata nei settori della fabbricazione di prodotti in metallo (come generatori, caldaie, armi, ferramenta) che - insieme all’industria meccanica - esprimono il grosso dell’occupazione metalmeccanica. Solo in Spagna la perdita in termini di occupati è stata altrettanto grave, mentre negli altri paesi la crisi ha picchiato meno duro (-100 mila dipendenti in Francia e Regno unito fra il 2008 e il 2013). In Germania l’occupazione ha già superato i livelli pre-crisi.
A quante ore lavorate danno luogo i dipendenti metalmeccanici? Nel 2014 corrispondono a circa 3 miliardi di ore lavorate effettive (al netto cioè di ferie e malattie): ma erano ben 3,8 miliardi nel 2008. La riduzione delle ore lavorate è stata decisamente violenta. In termini pro capite fanno 1.660 ore in media all’anno nel 2014 contro quasi 1.800 nel 2008. Si tenga presente che i metalmeccanici tedeschi lavorano in media circa 1.500 ore all’anno, sia adesso sia prima della crisi: da noi dunque si lavora attualmente l’equivalente di quattro settimane a tempo pieno in più all’anno. Senza contare che queste stime sono basate su quanto dichiarato dalle imprese, e dunque non tengono conto delle ore lavorate “fuoribusta” oltre l’orario contrattuale che da noi hanno una certa incidenza: per gli stessi settori le stime ottenute tramite le rilevazioni dal lato delle famiglie parlano di un 10% circa di ore lavorate in più. Un fenomeno in crescita, che si chiama “lavoro grigio” e su cui si è indagato ancora troppo poco. Comunque, facendo un conto brutale e poco “scientifico”, con gli orari pro capite tedeschi il fabbisogno di ore lavorate metalmeccaniche in Italia sarebbe coperto da 200 mila occupati in più.
Ma lavorando molte ore in più i metalmeccanici italiani sono retribuiti meglio rispetto ai colleghi tedeschi? Per ogni ora lavorata dai dipendenti metalmeccanici vengono corrisposti in Italia circa 18 euro di retribuzione lorda più sette euro di oneri sociali; in Germania rispettivamente 31 euro e sei euro all’ora. Il costo del lavoro per dipendente italiano viaggia attorno ai 40 mila euro ed è in linea con quelli di Spagna e Regno unito, mentre è di circa 15-20 mila euro inferiore a quanto avviene in Francia, Germania, Danimarca e Olanda, per non parlare della Svezia (dati Eurostat). Ad essere basse in Italia sono soprattutto le retribuzioni lorde (lorde perché bisogna poi tenere conto delle imposte sul reddito).
Va richiamato il non trascurabile particolare che i metalmeccanici tedeschi sono più del doppio che da noi, cioè circa 4,3 milioni, ma soprattutto sono quasi cento mila in più rispetto al 2008. Dopo la Germania, l’Italia è il paese Ue con la più elevata occupazione metalmeccanica: nel nostro paese ci sono 300 mila dipendenti in più rispetto alla Francia, 400 mila rispetto al Regno unito, il doppio rispetto alla Polonia. E siamo il paese con il maggior numero di imprese metalmeccaniche: sono circa 200 mila. Molte di più che in Germania, dove sono circa 120 mila. Questo significa ovviamente che in Italia ci sono tante imprese sì ma molto piccole: in media nove dipendenti per impresa contro la media tedesca di 38 o contro i 15 della Francia. Solo poco più di mezzo milione di metalmeccanici lavora nelle grandi imprese con almeno 250 addetti, mentre sono 800 mila quelli impiegati nelle imprese con meno di 50 addetti, e di questi 230 mila nelle 160 mila imprese con meno di 10 addetti.
La questione della dimensione delle imprese è cruciale: nel settore metalmeccanico vi sarebbero in Italia 260 mila imprenditori (cioè titolari di imprese e loro coadiuvanti familiari) contro gli 86 mila della Germania. Ma chi sono questi imprenditori, che capacità, cultura, competenze, interessi di lungo termine esprimono? E soprattutto sono davvero imprenditori? Hanno effettivamente autonomia o mascherano lavoro subordinato e parcellizzato, lavorando in subfornitura per uno solo o comunque per pochissimi committenti? Quale parte di loro è in realtà un lavoratore dipendente di fatto? Qual è la mappa delle relazioni di queste microimprese con l’intera filiera dell’industria metalmeccanica italiana? Forse è ora che questi temi vengano approfonditi con dettaglio anche nelle statistiche: basterebbe incrociare un po’ di dati di fatturazione. In assenza di chiare indicazioni troveremo sempre chi dirà che la micro struttura dell’industria italiana è una ricchezza e che un po’ di nero e un po’ di evasione fiscale e contributiva fanno bene all’economia sennò tutto crolla, e troveremo sempre chi crede a queste sciocchezze. E se si cominciasse invece a prendere il toro dal corno delle ore lavorate e dell’orario di lavoro?