Lunedì, 25 Novembre 2024

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Io, perseguitata da quando l'ho lasciato: ho paura

GIORNATA CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE
Il racconto di una lavoratrice e delegata della Fiom-Cgil


«Voleva uccidere il mio cane per farmi soffrire e terrorizzarmi, ora è libero anche se condannato: ho paura che mi ammazzi». È il grido disperato di Elena (nome di fantasia per tutelare la sua privacy), una donna di 40 anni di Rovigo, che da anni vive un incubo senza fine.

Il suo ex compagno, un cinquantenne residente in città, nonostante una condanna per stalking confermata in Appello, è a piede libero e lei teme per la sua vita. La loro relazione, iniziata nel maggio 2016, si è conclusa due anni dopo, nell'agosto 2018. Da allora, per Elena è cominciato un calvario fatto di minacce, ansia costante e atti di pura crudeltà.

La maschera
Quando Elena ha deciso di lasciare il suo compagno, lui sembrava accettare la separazione. Ma era solo una maschera. Nei mesi successivi ha iniziato a perseguitarla. Non ha mai alzato le mani, ma la violenza psicologica è diventata la sua arma principale. «Non potevo nemmeno uscire di casa senza provare ansia. Ogni messaggio, ogni telefonata mi faceva tremare, avevo paura di incontrarlo ovunque», racconta.

Il punto di rottura è arrivato nel febbraio 2019, quando l'uomo le ha chiesto di sposarlo. Le aveva lasciato un anello sul cofano della macchina, ma Elena gliel'ha restituito: terrorizzata all'idea di incontrarlo, glielo ha fatto recapitare a casa tramite un corriere. È stato allora che la situazione è degenerata. Lui se l'è presa non solo con lei, ma anche con chiunque avesse partecipato alla restituzione del regalo, manifestando una rabbia crescente. È stato il momento in cui è partita la prima denuncia, che ha portato a un ammonimento del questore.

Consapevole dell'amore profondo di Elena per il suo cane, l'uomo ha iniziato a minacciare di ucciderlo pur di farla soffrire. «Postava foto di polpette avvelenate sui social e scriveva frasi inquietanti. Poi quelle polpette hanno cominciato a comparire davvero nel mio giardino», racconta la donna.

L'appostamento
Terrorizzata, Elena ha deciso di organizzare un appostamento con la madre, il compagno di quest'ultima e alcuni amici. Una notte, il 14 maggio 2019, sono riusciti a coglierlo sul fatto mentre gettava esche avvelenate nella sua proprietà. Scoperto, l'uomo ha tentato di fuggire, ma le prove e le testimonianze sono state schiaccianti. La denuncia ha portato a una misura restrittiva: gli sono stati imposti i domiciliari fino a luglio e il divieto di avvicinamento a Elena fino al gennaio 2020.

Nonostante la condanna a un anno e sei mesi per stalking, confermata anche in Appello il 12 marzo 2024, Elena non si è mai sentita al sicuro. «Da quando è finito il divieto di avvicinamento, vivevo con il terrore di trovarmelo ovunque. Non potevo nemmeno lasciare il mio cane in giardino per paura che lo avvelenasse. Mi sono isolata: ho bloccato il suo numero, i suoi account, ma attraverso amici comuni continuavo a venire a conoscenza delle sue minacce».

I post social sui femminicidi
I post sui social erano una finestra inquietante sulla sua ossessione. «Condivideva articoli sui femminicidi e scriveva frasi come "I conti non tornano: se ne ammazzano una al giorno". Era un chiaro messaggio per me». Ora che la sentenza di condanna è definitiva e i termini di irrevocabilità sono scaduti, Elena teme il peggio.
«Lui è a piede libero. Io ho paura. Ho paura di morire, perché uno così può fare qualsiasi cosa, come successo a troppe altre donne». Recentemente l'uomo ha ripreso a pubblicare foto di bocconi avvelenati, questa volta scrivendo: «Se non ci sono riuscito con le polpette, ora ci provo con i peperoni ripieni».

Un chiaro riferimento alle sue precedenti minacce. Elena, esasperata, si rivolge alle autorità, sperando che la sua storia non venga ignorata. «Non voglio diventare un nome su un articolo di cronaca. Non voglio che la mia vita venga spezzata dalla follia di chi non accetta un no».

La vicenda di Elena purtroppo non è un caso isolato. I dati sui femminicidi e sulla violenza contro le donne in Italia sono sempre più preoccupanti e spesso le misure di protezione si sono rivelate insufficienti. Elena ora chiede maggiore tutela, per sé e per tutte le donne che vivono situazioni simili: «Non possiamo aspettare che ci accada qualcosa di irreparabile per essere protette».

 

Articolo di Marina Lucchin pubblicato sul "Gazzettino di Rovigo" del 25 novembre 2024

La Fiom è il sindacato delle lavoratrici e lavoratori metalmeccanici della Cgil

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