Giovedì, 21 Novembre 2024

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«Serve una svolta industriale per rilanciare l’occupazione»

Va bene la vocazione turistica della regione. Va bene l’economia che gira attorno alla cultura. E va bene anche la filiera del cinema, naturalmente. «Ma non dobbiamo dimenticare che la Puglia è una terra industriale, dove sono aperti 18 tavoli di crisi solo per le aziende della zona Asi fra Bari e Modugno, che salgono a 40 dal Gargano al Salento. Questo è il risultato di una mancata programmazione, allora è tempo di passare al contrattacco». Michele De Palma, segretario generale della Fiom-Cgil, in città per un’iniziativa del sindacato, suona la sveglia a istituzioni e imprese. «Altrimenti il rischio è la distruzione del tessuto industriale della Puglia e non solo».

Qual è la strada per evitarlo?

«Il coinvolgimento del sindacato quando il paziente è vivo, come accade in Germania. Faccio un esempio, prendiamo il caso dello stabilimento Bosch di Bari: sono anni che la Fiom ha chiesto di diversificare la produzione, di andare oltre il diesel. Avremo bisogno di batterie e motori elettrici per auto, e le competenze, che potrebbero essere ampliate attraverso percorsi di formazione e nuove tecnologie, potrebbero attirare nuovi investimenti, anche in altri settori, sempre sul fronte della transizione. Ma con l’azienda siamo stati lasciati soli: a parte le e-bike e poco altro, non abbiamo ancora avuto la svolta industriale che chiedevamo».

Eppure la transizione è l’opportunità.

«Con tutti i fondi del Pnrr che arriveranno. Il punto è che per sfruttare quest’occasione irripetibile servono politiche industriali. Qui dobbiamo decidere come andare da un punto A a un punto B, altrimenti non governeremo la transizione. La subiremo».

Dov’è il punto B della Puglia?

«Nelle grandi imprese partecipate dallo Stato, innanzitutto. Penso all’ex Ilva, in primis: abbiamo saputo dalla stampa della convocazione di un tavolo per un accordo di programma con le Istituzioni su Taranto e invece con Fim e Uilm abbiamo chiesto al ministro del Made in Italy, Adolfo Urso la convocazione urgente del tavolo sul piano industriale e occupazionale. Altrimenti metteremo in atto tutte le iniziative di lotta necessarie».

E le altre partecipate?

«In Puglia ci sono Leonardo, Enel, Eni e Fincantieri, con Isotta Fraschini. Sono un driver importantissimo per la crescita del Sud: parliamo di grandi leve per la transizione green, appunto. Allora la domanda è: cosa facciamo con queste aziende? Per rispondere serve una programmazione seria, serve confrontarsi tutti insieme, governo, istituzioni locali, imprese e lavoratori».

La chiave, come ha detto nel salone del Consorzio Asi, sta nella parola contrattare.

«Non c’è un’altra via, lo dimostra la storia recente. Ci avevano detto che con una maggiore flessibilità del mercato del lavoro e minori salari sarebbero arrivati gli investimenti. Non è così. Basta guardare l’esperienza dell’Emilia-Romagna, per capirlo. Senza la contrattazione, senza il confronto con i lavoratori non si va da nessuna parte».

Qui le multinazionali dell’Information tecnology fanno a gara per aprire una sede.

«Però non hanno riassorbito la forza lavoro qualificata che pure c’è. Forse servono meno photo opportunity e più politica. Restiamo nel settore Ict: c’è il tema della digitalizzazione dell’agricoltura, che potrebbe portare nuovo sviluppo per una regione come la Puglia. Se ne parla?».

Le competenze ci sono.

«Certo. Penso a Marelli, per esempio, che nella fabbrica di Bari produce motori elettrici per le supercar della Porsche e Maserati. Anzi, ci auguriamo che un player come Stellantis possa consolidare le prospettive di quella stessa azienda. Lo ripeto: servono politiche industriali e confronto. Se non avremo riscontri, visto che il treno del Pnrr sta passando ora, sarà mobilitazione. Fino allo sciopero».

La Fiom è il sindacato delle lavoratrici e lavoratori metalmeccanici della Cgil

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