Un’eventuale vittoria del No al referendum costituzionale del 4 dicembre potrebbe scatenare una crisi finanziaria e spingere l’Italia fuori dall’euro? L’allarme lanciato in questi giorni dal Financial Times e da varie istituzioni finanziarie ha alimentato il fuoco di una campagna referendaria già rovente. Sulla fondatezza di queste previsioni ascoltiamo il parere dell’economista Emiliano Brancaccio, volto noto dei dibattiti televisivi e promotore di un “monito” pubblicato nel 2013 proprio sul Financial Times, che criticava le politiche di austerity e allertava sui rischi di una futura deflagrazione dell’eurozona.
Professore, per la grande stampa internazionale una vittoria del No al referendum potrebbe mettere nuovamente in subbuglio l’eurozona e avviare un percorso di uscita dell’Italia dalla moneta unica. Quanto sono fondati questi allarmi?
Gli italiani facciano le proprie scelte e vadano a votare tranquilli. Le incertezze sulla ripresa economica del paese, sulla stabilità dei mercati e sui destini dell’eurozona sono reali ma hanno cause molto più profonde. Legarle in modo grossolano agli esiti del referendum è un’operazione fuorviante.
Se gli elettori respingono la riforma costituzionale Matteo Renzi potrebbe dimettersi e bisognerebbe formare un altro governo. L’instabilità politica può creare problemi alla permanenza dell’Italia nell’euro?
I problemi di tenuta dell’eurozona resterebbero irrisolti anche se prevalessero i Sì e l’attuale governo restasse in carica. Renzi può solo rinviare i nodi europei, ma non è assolutamente in grado di scioglierli.
Se cade il governo c’è il rischio che alcune importanti operazioni per la stabilizzazione delle banche siano interrotte. Lasciare in sospeso la trattativa su Montepaschi non è pericoloso?
Il governo ha lavorato malissimo sul caso Montepaschi. La pretesa di cercare fondi sul mercato pagando laute commissioni a JP Morgan e rinunciando alla nazionalizzazione è una follia, che non rafforza il sistema bancario ma lo indebolisce ulteriormente.
Anche Bankitalia prevede un aumento dell’instabilità dei mercati in vista del voto. Perché?
I mercati sono instabili da anni, come bestie rabbiose. Fosse stato per loro l’unione monetaria europea sarebbe stata fatta a brandelli già da un pezzo. Non è andata così solo perché ogni volta che si agitano la BCE li raffredda inondandoli di liquidità. Se le temperature aumenteranno il referendum c’entrerà ben poco. Piuttosto vorrà dire che questa volta Mario Draghi ha “dimenticato” di aprire i rubinetti.