Domenica, 01 Dicembre 2024

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Conferenza sul clima: limiti d'accordo

riscaldamento global

 

Essendo ormai passati diversi giorni dalla conclusione della Conferenza sul clima di Parigi possiamo permetterci una riflessione più attenta sulle sue conclusioni.

L'accordo sul clima che hanno raggiunto i 195 paesi, a fronte delle posizioni iniziali di tanti paesi assolutamente contrari, per le loro necessità, a qualsiasi limitazione delle emissioni di gas, può essere considerato positivo, sia perchè finalmente con chiarezza identifica un futuro ove la produzione energetica è totalmente svincolata dalle fonti fossili sia perchè si pone l'obiettivo di limitare entro il 2030 l'aumento della temperatura media del clima tra l'1,5 e i 2 gradi centigradi, come indicato dal mondo scientifico.

Questo obiettivo individuato dalla Cop21 - che verrà ufficializzato con la firma a New York presso le Nazioni unite il 22 aprile 2016, giornata in cui si celebra l'Earth Day - è molto ambizioso e se perseguito non solo migliorerà le condizioni di vita sulla terra ma toglierà anche il terreno anche a tante guerre e conflitti che si determinano per la conquista di fonti energetiche tradizionali.

L'accordo come avevamo già previsto però è soltanto un “invito” a muoversi in questa direzione e non prevede obblighi e impegni coerenti e meno che mai strumenti concreti messi a disposizione dei singoli paesi per realizzare gli obiettivi individuati, salvo un generico impegno a realizzare un fondo messo a disposizione degli stati più svantaggiati.

L'accordo di Parigi e i risultati ottenuti non possono quindi definirsi un fallimento rispetto agli obiettivi che il movimento non solo ambientalista nel mondo si era dato, ma sicuramente se ne percepisce la genericità delle conclusioni, la modestia degli impegni, i veri e propri accantonamenti di grandi problemi quali per esempio l'esistenza di milioni di profughi a causa dei processi di desertificazione della terra.

Per il movimento - che in Italia si è raccolto all'interno della Coalizione per il clima, composto da più di 250 associazioni, non solo del tradizionale mondo ambientalista, ma anche di organizzazioni sindacali come la Cgil, di comunità e associazioni religiose, di gruppi informali e associazioni e gruppi dei territori - c'è la necessità di individuare i passaggi necessari, non eludibili, per continuare la pressione sui governi che per quello che ci riguarda vuol dire l'Europa e l'Italia, per arrivare concretamente a predisporre scelte che definiscano un modello economico e sociale al 100% rinnovabile alternativo a quello attuale.

Un modello siffatto non è fondato solo su un processo di innovazione tecnologica e sociale ma anche, in parallelo, dal superamento di disuguaglianze, nuove povertà e discriminazioni definendo dunque un modello alternativo a quello definito dal mondo della finanza e del libero mercato.

Questi obiettivi cosi ambiziosi si possono raggiungere solo se rimarrà intatta la capacità di mobilitazione, come si è vista nella Marcia del 29 novembre a Roma e in tante altre città italiane e prima ancora nella manifestazione a Lanciano, in Abruzzo, con 60.000 persone, contro le autorizzazioni per le trivellazioni nell'Adriatico. Ce la faremo se avremo la capacità di incidere sulle scelte economiche, industriali, politiche e sugli stili di vita e di consumo collettivi e individuali.

La Fiom già da tempo si è impegnata in questa sfida, partecipando alla Coalizione per il clima, dichiarandosi d'accordo senza remore sui referendum - che auspichiamo che la Corte Costituzionale confermi - promossi dai presidenti di 10 regioni italiane contro le autorizzazioni per le trivellazioni in mare alla ricerca di petrolio e gas anche entro le 12 miglia dalla costa; ma soprattutto il nostro impegno si è sempre concretizzato nella ricerca di una via percorribile per difendere la capacità industriale individuando le scelte più corrette per una ambientalizzazione dello stesso settore industriale affinché non sia devastante per le persone e l'ambiente.

Oggi siamo chiamati a fare di più, proprio perché Parigi ce lo impone e dunque sarebbe utile che in tutti i luoghi di lavoro si aprisse un confronto con le aziende per individuare le azioni per raggiungere la autosufficienza energetica e un effettivo risparmio dei consumi energetici.

I destini della terra sono ancora una volta nelle mani delle persone, donne e uomini, anche lavoratori metalmeccanici e non solo dei governi.

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La Fiom è il sindacato delle lavoratrici e lavoratori metalmeccanici della Cgil

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