Settembre sarà un mese importante per la vertenza Fincantieri, l'azienda dovrà dire se intende affrontare l'intensa attività produttiva che si preannuncia per i prossimi anni in un clima di scontro o in un clima di collaborazione.
Ci siamo lasciati nei primi giorni di luglio – con la tensione rivolta al sequestro, poi rientrato, del cantiere di Monfalcone - quando l'azienda al tavolo negoziale aveva dichiarato che sulla base delle posizioni espresse dalla Fiom doveva meditare se proseguire o meno il confronto. Una meditazione piuttosto lunga, accompagnata dalle solite rappresaglie e al susseguirsi di cadute di stile nei vari cantieri, dopo aver cessato l'applicazione dell'ultimo accordo aziendale con nostra formale diffida e l'uso dei trasferimenti come olio di ricino nei confronti di chi aveva scioperato (provvedimenti sui quali deciderà il prossimo 6 ottobre il tribunale di Trieste). Fim e Uilm hanno invece dichiarato accettabile il documento di Fincantieri, l'anno spronata ad andare avanti anche senza di noi; ma questa volta, almeno per ora, hanno ricevuto una risposta negativa, a conferma che il loro atteggiamento permette alla controparte di scegliersi il sindacato con cui fare gli accordi e se persino se farli.
La fase di stallo dura dai primi giorni di luglio, da quando l'azienda ha presentato un lungo documento di politica industriale, dettagliando l'ambito in cui opera Fincantieri in Italia e nel mondo, le commesse e i possibili carichi di lavoro: si tratta di una descrizione discutibile ma non ostativa del confronto, visto che era assente tutta la parte che riguarda gli investimenti.
Ma – e questo sì che è un problema - nel documento le prospettive occupazionale e di distribuzione equa dei carichi di lavoro nei vari cantieri venivano pregiudizialmente legate ad alcuni fattori per noi inaccettabili:
1) Fincantieri intende avere mano libera sul sistema degli orari di lavoro, in particolare sulla flessibilità e sull'assorbimento di una parte delle ore di Par. Vuole un salario tutto variabile diminuendo o cancellando voci oggi di salario già strutturale, legandolo d'ora in poi alle previsioni dell'utile di bilancio. Vuole che i neo assunti abbiano una retribuzione inferiore - a parità di livello - di alcune centinaia di euro al mese rispetto agli altri lavoratori. Vuole il demansionamento e i controlli a distanza.
2) Fincantieri non intende diminuire il lavoro in appalto e in sub-appalto, ma non vuole responsabilità dirette su ciò che negli appalti succede, cioè il persistere di una diffusa illegalità contrattuale e di legge. Vuole esternalizzare gradualmente le attività di scafo, vuole arrivare a essere un azienda che ha una funzione di controllo e non produttiva. Una azienda coerente con l'ingresso in borsa, concentrata sulla finanza, lasciando tutto il resto in ombra e a opera di altri.
3) Fincatieri non intende assumere alcun impegno sulle controllate Isotta Fraschini e mette in discussione il futuro dei cantieri di Castellammare di Stabia e Palermo.
Per questo abbiamo detto di no. Abbiamo detto che bisogna cambiare registro, che ciò che chiede l'azienda non è collaborazione, ma la pretesa di avere le mani libere sul futuro spezzatino di Finantieri e sulle forme di sfruttamento dirette o in conto terzi che prepara per i lavoratori.
Orbene luglio è passato e agosto passerà. Presto convocheremo per i primi giorni di settembre il coordinamento Fiom per riprendere la lotta oppure la trattativa se Fincantieri metterà da parte l'atteggiamento bellicoso e rancoroso nei confronti dei lavoratori.