1945
Comitato ricostituzione Fiom: Antonio Negro, Arturo Chiari, Mario Pinna
Arturo Chiari (Firenze, 28 agosto 1891 – Firenze, 17 aprile 1959 è stato un sindacalista italiano.
Arturo Chiari comincia giovanissimo la sua attività nelle file del movimento sindacale e socialista. Studia fino alla prima tecnica e nel 1903 emigra in Svizzera dove rimane fino al 1907 quando rientra in Italia. Ritorna periodicamente in Svizzera a Lugano dal 1910 al 1911 e dal 1913 al 1917. Torna infine a Firenze dove si arruolerà nell'esercito.
Nell'estate del 1921 era già segretario interregionale per la Fiom per l'Emilia e le Marche operando presso la Camera del lavoro di Bologna. Nell'estate del 1922 è segretario della camera del lavoro di Imola. Nel 1920 era già schedato come “comunista”, nonostante aderisse al partito socialista. Nel periodo immediatamente successivo s'iscrisse al partito comunista e la sua militanza lo portò ad essere un membro attivo del partito, esercitando una grande influenza anche oltre i confini dell'allora Regno d'Italia recandosi spesso nella Venezia Giulia. Nel 1925 lo troviamo segretario della neonata federazione italiana dipendenti delle aziende elettriche, l'organizzazione, che fuoriuscita dalla Fiom, organizzava i lavoratori del settore elettrico.
Continuò a spostarsi per l'Italia per sviluppare l'organizzazione del suo sindacato, nonostante le avverse condizioni che il fascismo cominciava a creare (accordo di Palazzo Chigi del 1923 tra la Confindustria e le corporazioni fasciste e di lì a poco le cosiddetteleggi fascistissime). Nel 1928, dopo lo scioglimento dei sindacati pre-fascisti, era ancora considerato un pericoloso comunista. Avendo tralasciato l'attività sindacale, per vivere lavorò come cappellaio e successivamente come artigiano di bigiotteria nelle piccole botteghe di Firenze.
Nel 1944, quando Firenze fu liberata, Chiari venne chiamato a reggere la segreteria della Camera del lavoro del capoluogo toscano ed in seguito assunse l'incarico, per la componente socialista, di segretario nazionale della Cgilunitaria nata dopo il Patto di Roma . In questo periodo, dimostrò quanto cara gli fosse la memoria di Bruno Buozzi, al quale era legato da profonda amicizia, richiamandone l'insegnamento a quanti intendevano imboccare vie diverse da quelle indicate dal maestro.
La federazione in cui Chiari profuse tutte le sue energie, fu quella dei metallurgici, prima nella Fiom e poi nella Uilm, nuovo sindacato di categoria nato dopo la scissione della UIL dalla CGIL unitaria. Chiari fu segretario nazionale della Fiom sin dal 1945 con l'incarico dell'organizzazione della categoria. Nel 1946 Chiari curò la preparazione del congresso nazionale della Fiom nel quale svolse poi la relazione d'indirizzo. Quella relazione diede spunto ad alcuni congressisti per manifestare in modo poco democratico il loro dissenso.
La relazione non era l'espressione di un'impostazione sua particolare, ma esprimeva la posizione dell'intera segreteria nazionale, nella quale erano presenti i rappresentanti di tutte le correnti politiche. Chiari affrontò la battaglia in modo franco ed aperto e, nonostante la forte opposizione incontrata, riuscì a fare emergere la propria tesi, il congresso stesso lo riconfermò nella carica di segretario nazionale. La sua fede negli ideali socialisti lo impegnò nei lavori della Consulta nazionale (1945 – 1946), di cui egli fu membro su designazione della CGIL, e nella quale si distinse per la fermezza con cui difese gli interessi della classe lavoratrice nel delicato periodo dell'Italia del dopoguerra.
La situazione sindacale precipitò nel luglio del 1948 con la scissione della Cgil per opera della corrente moderata e cristiana. La vicenda politica di quel periodo era scossa da tensioni e polemiche fra le ali comuniste e socialiste e all'interno degli stessi socialisti. Il comitato centrale della Fiom, riunitosi prima del congresso nazionale dell'agosto 1949, revocò l'incarico a Chiari. La decisione fu presa a seguito del nuovo orientamento della direzione del Psi, che costrinse i propri rappresentanti nel comitato centrale della Fiom a non riconoscere più come loro leader Arturo Chiari. Nella travagliata fase delle scissioni socialiste, Chiari fu sempre presente e pronto ad assumersi responsabilità difficili e scomode come a Villa Malta, nella riunione con Giuseppe Romita per la costituzione del PSU. Nel 1950 uscì dalla Cgil, nonostante molti socialisti cercassero di farlo recedere da questa sua idea, poiché restava una figura di riferimento del partito socialista all'interno del sindacato, e si gettò con coraggio e decisione alla costruzione della terza centrale sindacale (la futura UIL).
Chiari rifiutò l'offerta di ricoprire unicamente incarichi di responsabilità confederale, alla quale non negò la propria collaborazione, poiché voleva dedicare la parte più importante del suo tempo alla costruzione della “sua” categoria: quella dei metallurgici. Categoria di cui divenne il primo segretario generale. La struttura propriamente categoriale nacque qualche tempo dopo, il 5 marzo 1950 – giorno in cui nacque la UIL- facendo di Chiari non solo il segretario, ma anche il fondatore della categoria. Il primo congresso della Uilm tenutosi a Milano il 28 novembre 1953 lo confermò segretario generale.
Particolarmente importante, in questo lavoro di primo segretario generale dei metallurgici Uil, fu l'azione svolta da Chiari verso gli organi della CECA (Comunità europea del carbone e dell'acciaio) per la tutela di decina di migliaia di siderurgici minacciati dalla smobilitazione conseguente alla creazione dell'area produttiva comunitaria. La sua impostazione riformista, come emerse dall'intervista concessa su questo problema a Il Lavoro Italiano del 14 settembre 1953, delineava una posizione favorevole all'adozione del piano Schuman e, quindi, all'ammodernamento degli impianti produttivi, ma chiedeva l'attivazione di tutte le clausole previste dal piano stesso per ovviare ai disagi che l'introduzione delle nuove normative stava provocando per molti lavoratori metallurgici.
La sua competenza tecnica gli valse l'alto incarico di membro del comitato consultivo della Ceca per parecchi anni. Chiari fu assertore di una nuova politica sindacale che – seguendo un'impostazione diversa da quella tradizionale per i problemi della contrattazione – avrebbe potuto dare ai lavoratori un mezzo più efficace ed adeguato alle caratteristiche della produzione moderna a difesa dei loro interessi. La sua fede negli ideali europeisti lo impegnò in una coraggiosa battaglia per l'avvento di una federazione europea nella quale i lavoratori metallurgici italiani avrebbero a suo giudizio trovato il mezzo per raggiungere un migliore tenore di vita. La UILM con la sua direzione, affermò la propria presenza organizzativa in tutto il territorio nazionale, anche grazie a molti socialisti che, seguendo il suo esempio, lasciarono la FIOM per partecipare allo sviluppo della UILM.
Fonte: Wikipedia