Bekaert. Fiom: “Non trattiamo per i licenziamenti, ma per salvare la fabbrica”
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La vertenza Bekaert, che ha come elemento di forte contrasto la decisione della multinazionale belga di chiudere lo stabilimento di Figline Valdarno e di delocalizzare le produzioni negli altri stabilimenti d'Europa, è la prima grande vertenza che ci vede confrontare con il governo Lega-M5s. La Fiom, in sede ministeriale, ha dichiarato la sua indisponibilità a trattare le modalità tecniche di chiusura dello stabilimento e la monetizzazione dei licenziamenti, perché ritiene che ci siano le condizioni per salvare il sito è proseguire con la produzione.
La Bekaert di Figline Valdarno produce lo “steel cord”, il cavetto d'acciaio inserito negli pneumatici, secondo un processo produttivo di notevole complessità che qualifica l'apparato industriale del nostro paese. Questo tipo di produzione, di rilevanza internazionale, viene effettuata in Italia in due stabilimenti, a Figline Valdarno e Assemini, rispettivamente in Toscana e Sardegna. Non contrastare la decisione della Bekaert, che dice di voler chiudere a causa della dinamica decrescente del prezzo di vendita, significa esporre l'Italia al pericolo di ulteriori comportamenti scorretti. La Bekaert ha una posizione dominante nel mercato globale ed è, essa stessa, in grado di condizionare il prezzo di vendita.
Inoltre, la Fiom ha ribadito, per l'ennesima volta, che il taglio dei diritti e delle retribuzioni non è l'unico modo per recuperare efficienza nelle imprese. Sono gli investimenti che consentono di ridurre il costo di fabbricazione e rimanere allineati con gli standard di competizione globale. Sono queste le ragioni per le quali diciamo no al management della Bekaert. In questa fase, nel rapporto con il ministero dello Sviluppo economico, ci siamo sempre dichiarati disponibili al confronto e abbiamo chiesto, qualora la decisione della Bekaert fosse irreversibile, di utilizzare la cassa integrazione per guadagnare tempo e per costruire, senza affanno, una soluzione alternativa alla chiusura della fabbrica.
In questi mesi si è fatto un gran parlare di proposte di legge finalizzate a scoraggiare le scorribande di gruppi che aggrediscono il sistema produttivo del nostro paese e delocalizzano altrove: impostazione teorica condivisa dalla Fiom, ragion per cui pensiamo si debba passare dalle parole ai fatti. Noi crediamo che la sede del miSe non possa essere il luogo fisico dove definire e accettare le modalità tecniche dell'ennesima delocalizzazione distruttiva. Si abbia il coraggio di compiere atti straordinari, per esempio il ripristino della cassa integrazione per cessazione di attività, che impediscono il materializzarsi di un altro danno per l'apparato produttivo del nostro paese. Bisogna dire no alla Bekaert, e farlo insieme, governo e parti sociali.
La Fiom affronterà i prossimi appuntamenti con il fine di salvare un altro pezzo di industria italiana. Non abbandoniamo il tavolo della discussione, ma ci staremo con la nostra testa e con la nostra autonomia.
Fiom-Cgil/Ufficio Stampa
Roma, 27 luglio 2018