Caro senatore Mario Tronti,
Lei è la dimostrazione della giusta diffidenza, che gli operai hanno sempre avuto verso gli intellettuali. Gli operai in Fiat hanno rischiato il lavoro e il salario per difendere democrazia e dignità, Lei no. Ho letto la sua ultima intervista a La Repubblica e seguendo il suo ragionamento direi che quando si viene sconfitti si va a casa, si riflette sul perché e si istruiscono i giovani o chi vuol continuare a dar battaglia. Lei avrebbe potuto scegliere di dimettersi da sentore, ma Lei no, Lei da sconfitto sceglie di stare dall'altra parte.
Votando il Jobs Act non solo spezza i lavoratori, lei lo sa, per la sua storia e la sua intelligenza, ma Lei votando la fiducia ad un 'capo' di governo fa di più, vota la sfiducia definitiva alla democrazia Il Presidente del Consiglio su un punto aveva proprio ragione, salvo poi scegliere di seguirne le orme, siete una 'sinistra' innamorata di se stessa, del tono della voce, della ricercatezza dello scrivere in taluni casi, delle letture e scritture, ma ormai siete innamorati, neanche di voi stessi, ma tristemente della vostra ombra. Un voto contro i lavoratori, i giovani, i precari, ma soprattutto contro la democrazia. I diritti dei lavoratori a non essere sorvegliati, dimensionati, licenziati sono fogli bianchi di un libretto degli assegni esibito da Renzi ieri a Milano per comprare qualche indulgenza in Europa.
In questi anni gli operai erano scomparsi secondo alcuni, fantasmi secondo altri, superati dalla storia. Non so se lei converrà ma penso esattamente il contrario: la catena del valore è diventata una catena di montaggio diffusa: in fabbrica ritmi e carichi vincolati e automatizzati che spezzano muscoli e ossa (nelle aree industriali l'85% delle malattie professionali sono muscolo scheletriche), fuori e dentro la pressione psicologica del ricatto della crisi. Oggi un impiegato, un lavoratore della logistica, un addetto al montaggio, un ricercatore in università, sono sempre più operai con diverse mansioni. Ma mi fermo, rischio anche sociologismo d'accatto e ognuno deve fare quel che prova a saper fare. Io provo ad essere un sindacalista della Fiom, il giudizio, come lei sa è giornaliero dei lavoratori. Ma non potevo chiudere gli occhi dinnanzi al suo ennesimo atto politico.
Lei, agli operai ha preferito l'autonomia del politico: le siamo grati, perché grazie a lei sapremo coltivare la giusta diffidenza anche nel futuro, ma soprattutto consapevoli che ancora una volta la storia tocca ad una nuova composizione operaia.
Fonte: Huffingtonpost.