Art.15 - Riduzione dell’imposta sostitutiva applicabile si premi di produttività dei lavoratori dipendenti
Per i premi e le somme erogati nell’anno 2023, l’aliquota dell’imposta sostitutiva di cui all’art.1 comma 182, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 è ridotta al 5%.
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È prevista la riduzione dal 10% al 5% dell’aliquota relativa all’imposta sostitutiva sugli importi erogati sotto forma di premio di risultato o di partecipazione agli utili di impresa, ai lavoratori dipendenti del settore privato, solo per l’anno 2023.
Come previsto dall’art. 1, comma 182, della legge di stabilità 2016, salva espressa rinuncia scritta del prestatore di lavoro, sono soggetti a un’imposta sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali pari al 10%, entro il limite di importo complessivo di 3.000€ lordi (innalzato a 4.000€ se l'azienda coinvolge pariteticamente i lavoratori nella organizzazione del lavoro), i premi di risultato di ammontare variabile la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, che siano misurabili e verificabili sulla base di criteri definiti con decreto di cui al comma 188, nonché le somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell'impresa.
Le suddette disposizioni trovano applicazione per il settore privato e con riferimento ai titolari di reddito di lavoro dipendente di importo non superiore, nell'anno precedente a 80.000€.
Il sostituto di imposta deve verificare al momento dell’applicazione del beneficio il rispetto del limite di reddito percepito l’anno precedente dal lavoratore interessato.
Se il sostituto tenuto ad applicare l’imposta sostitutiva, non è lo stesso che ha rilasciato la certificazione unica dei redditi per l’anno precedente, il lavoratore attesta per iscritto l’importo del reddito di lavoro dipendente conseguito nel medesimo anno.
Inoltre, le somme e i valori detassabili devono essere erogati in esecuzione dei contratti aziendali o territoriali di cui all'articolo 51 del decreto legislativo n. 81 del 2015.
È importante ricordare che ai fini della determinazione dei premi di produttività è considerato a tutti gli effetti il periodo obbligatorio di congedo di maternità.
Il lavoratore può esercitare l’opzione di sostituzione del premio in denaro in servizi welfare sempre nei limiti di 3.000€ l’anno, per i quali trovano applicazione le disposizioni di esenzione fiscale e contributiva previsti dalle norme vigenti.
Si rinvia a un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze la determinazione dei criteri di misurazione degli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione di cui al comma 182. Il decreto prevede altresì le modalità del monitoraggio dei contratti aziendali o territoriali.
Rimane del tutto inapplicata la norma riguardante il coinvolgimento paritetico dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro, dove verrebbe ridotta del 20% l’aliquota contributiva a carico del datore di lavoro per il regime riguardante l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti su una quota di premio massima di 800€.
N.B. La norma sopra descritta all’art. 15, può determinare un risparmio annuo massimo pari a 150€ (5% x 3000€), con un premio massimo detassabile pari a 3.000€.
Art. 52 - Esonero parziale dei contributi a carico dei lavoratori dipendenti
Per i periodi di paga dal 1 gennaio 2023 al 31 dicembre 2023 l’esonero sulla quota dei contributi previdenziali per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti a carico del lavoratore di cui all’art. 1, comma 121, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, è riconosciuto nella misura di due punti percentuali con le medesime modalità e criteri di cui al predetto art. 1, comma 121 e, a condizione che la retribuzione imponibile, parametrica su base mensile per tredici mensilità, non ecceda l’importo mensile di 1.538€, maggiorato, per la competenza del mese di dicembre, del rateo di tredicesima, la predetta misura dell’esonero è incrementata di un ulteriore punto percentuale. Tenuto conto dell’eccezionalità della misura di cui al primo periodo, resta ferma l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche.
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Per i periodi di paga dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023, è previsto un esonero sulla quota dei contributi previdenziali dovuti dai lavoratori dipendenti pubblici e privati, esclusi i lavoratori domestici, pari al 2% se la retribuzione imponibile non eccede l'importo mensile di 2.692€ e al 3% se la medesima retribuzione non eccede l'importo mensile di 1.538€.
Questo sconto della contribuzione a carico del dipendente si traduce in un aumento del netto della busta paga, che però non corrisponde esattamente all’importo della minore trattenuta previdenziale subita, in quanto in parte compensato dall’aumento del prelievo Irpef netto conseguente all’innalzamento dell’imponibile fiscale.
A titolo esemplificativo, ipotizzando un imponibile annuo di 20.000€ (con imponibili mensili di 1.538€), lo sconto contributivo sarà pari a 600 euro annui, ma l’aumento effettivo del netto corrisponderà a 395€, per la maggiore Irpef netta derivante dall’incremento dell’imponibile fiscale e quindi dell’imposta lorda, nonché dalla riduzione della detrazione di lavoro.
Inoltre, tenuto conto dell'eccezionalità di tale misura, resta ferma l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche.
Di fatto la futura pensione del lavoratore dipendente non subirà decurtazioni per l’espressa previsione normativa del mantenimento dell’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche.
N.B.
L’esonero in questione, è stato introdotto dalla legge di bilancio 2022 (art. 1, comma 121, L. 234/2021), nella misura dello 0,8% sulla quota dei contributi previdenziali per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti dovuti dai lavoratori dipendenti pubblici e privati, per i periodi di paga dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre 2022, a condizione che la predetta retribuzione imponibile non eccedesse l'importo mensile di 2.692€, maggiorato, per la competenza del mese di dicembre, del rateo di tredicesima.
Successivamente la suddetta percentuale dello 0,8% è stata elevata a 2% (art. 20 del D.L. 115/2022) per i periodi di paga dal 1° luglio 2022 al 31 dicembre 2022 nei confronti dei medesimi lavoratori e alle stesse condizioni retributive.
Art. 53. - Disposizioni sul trattamento di pensione anticipata flessibile
Al decreto legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, dopo l’articolo 14 è inserito il seguente Art. 14.1. (Disposizioni in materia di accesso al trattamento di pensione anticipata flessibile).
1. In via sperimentale per il 2023, gli iscritti all’assicurazione generale obbligatoria e alle forme esclusive e sostitutive della medesima, gestite dall’INPS, nonché alla gestione separata di cui all’art. 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, possono conseguire il diritto alla pensione anticipata al raggiungimento di un’età anagrafica di almeno 62 anni e di un’anzianità contributiva minima di 41 anni, di seguito definita “pensione anticipata flessibile”.
Il diritto conseguito entro il 31 dicembre 2023 può essere esercitato anche successivamente alla predetta data, ferme restando le disposizioni del presente articolo.
Il trattamento di pensione anticipata di cui al presente comma è riconosciuto per un valore lordo mensile massimo non superiore a cinque volte il trattamento minimo previsto a legislazione vigente, per le mensilità di anticipo del pensionamento rispetto al momento in cui tale diritto maturerebbe a seguito del raggiungimento dei requisiti di accesso al sistema pensionistico ai sensi dell’art. 24, comma 6, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.
2. Ai fini del conseguimento del diritto alla pensione di cui al comma 1, gli iscritti a due o più gestioni previdenziali di cui al comma 1, che non siano già titolari di trattamento pensionistico a carico di una delle predette gestioni, hanno facoltà di cumulare i periodi assicurativi non coincidenti nelle stesse gestioni amministrate dall’INPS, in base alle disposizioni di cui all’art.1, commi 243, 245 e 246, della legge 24 dicembre 2012, n. 228.
Ai fini della decorrenza della pensione di cui al presente comma si applicano le disposizioni previste dai commi 4, 5, 6 e 7 del presente articolo. Per i lavoratori dipendenti dalle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in caso di contestuale iscrizione presso più gestioni pensionistiche, ai fini della decorrenza della pensione trovano applicazione le disposizioni previste dai commi 6 e 7 del presente articolo.
3. La pensione di cui al comma 1 non è cumulabile, a far data dal primo giorno di decorrenza della pensione e fino alla maturazione dei requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia, con i redditi da lavoro dipendente o autonomo, ad eccezione di quelli derivanti da lavoro autonomo occasionale, nel limite di 5.000€ lordi annui.
4. Gli iscritti alle gestioni pensionistiche di cui al comma 1 che maturano entro il 31 dicembre 2022 i requisiti previsti al medesimo comma conseguono il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico dal 1° aprile 2023.
5. Gli iscritti alle gestioni pensionistiche di cui al comma 1 che maturano dal 1° gennaio 2023 i requisiti previsti al medesimo comma conseguono il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico trascorsi tre mesi dalla data di maturazione dei requisiti stessi.
6. Tenuto conto della specificità del rapporto di impiego nella pubblica amministrazione e dell’esigenza di garantire la continuità e il buon andamento dell’azione amministrativa e fermo restando quanto previsto dal comma 7, le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 si applicano ai lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, nel rispetto della seguente disciplina:
a) i dipendenti pubblici che maturano entro il 31 dicembre 2022 i requisiti previsti dal comma 1 conseguono il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico dal 1° agosto 2023;
b) i dipendenti pubblici che maturano dal 1° gennaio 2023 i requisiti previsti dal comma 1 conseguono il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico trascorsi sei mesi dalla data di maturazione dei requisiti stessi e comunque non prima della data di cui alla lettera a) del presente comma;
c) la domanda di collocamento a riposo deve essere presentata all’amministrazione di appartenenza con un preavviso di sei mesi;
d) limitatamente al diritto alla pensione di cui al comma 1, non trova applicazione l’art. 2, comma 5, del decreto- legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125.
7. Ai fini del conseguimento della pensione di cui al comma 1 per il personale del comparto scuola e AFAM a tempo indeterminato si applicano le disposizioni di cui all’art. 59, comma 9, della legge 27 dicembre 1997, n. 449. Il relativo personale può presentare domanda di cessazione dal servizio entro il 28 febbraio 2023 con effetti dall’inizio, rispettivamente, dell’anno scolastico o accademico.
8. Sono fatte salve le disposizioni che prevedono requisiti più favorevoli in materia di accesso al pensionamento.
9. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano per il conseguimento della prestazione di cui all’art. 4, commi 1 e 2, della legge 28 giugno 2012, n. 92, nonché alle prestazioni erogate ai sensi dell’art. 26, comma 9, lettera b), dell’art. 27, comma 5, lettera f), e dell’art. 41, comma 5-bis, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148.
10. Le disposizioni dei commi 1 e 2 non si applicano altresì al personale militare delle Forze armate, soggetto alla specifica disciplina recata dal decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 165, e al personale delle Forze di polizia e di polizia penitenziaria, nonché al personale operativo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e al personale del Corpo della Guardia di finanza ».
2. Al decreto legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’art. 22, comma 1, le parole: «di cui all’art. 14, comma 1,» sono sostituite dalle seguenti: « di cui all’art. 14, comma 1, e all’art. 14.1 »;
b) all’art. 23, comma 1, le parole: «di cui all’art. 14, comma 1,» sono sostituite dalle seguenti: « di cui all’art. 14, comma 1, e all’art. 14.1 ».
3. All’art. 1 della legge 30 dicembre 2021, n. 234, i commi 89 e 90 sono abrogati.
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Per il solo anno 2023 viene introdotta la pensione quota 103, vale a dire la somma di almeno 62 anni di età e 41 anni di contribuzione minima.
Il perfezionamento dei requisiti dovrà avvenire entro il 31 dicembre 2023, con la possibilità di accedere alla pensione anche in data successiva.
La decorrenza della prima rata di pensione a causa della cosiddetta finestra mobile è posticipata di tre mesi.
Il valore dell’assegno pensionistico non potrà essere superiore a cinque volte il trattamento minimo vigente e tale limite dovrà essere rispettato fino al raggiungimento del requisito anagrafico richiesto per l’accesso alla pensione di vecchiaia (fino al 2024 pari a 67 anni di età).
È possibile ricorrere al cumulo dei periodi assicurativi maturati nelle diverse gestioni, eccetto quello presso le Casse professionali.
In fase di prima applicazione, per coloro che matureranno i requisiti entro l’anno 2022, potranno accedere alla pensione dal 1 aprile 2023 (per i pubblici dipendenti dal 1 agosto 2023).
Durante la percezione della pensione attraverso quota 103, non sarà possibile cumulare redditi da lavoro dipendente o autonomo, ad eccezione da quelli derivanti da lavoro autonomo occasionale ma nel limite di 5.000€ lordi annui e di indennità di funzione come le indennità degli amministratori locali.
Nel caso di cumulo la pensione verrà sospesa per l’intero anno in cui si verifica il superamento e quanto riscosso verrà recuperato da parte dell’INPS.
Art. 54 - Incentivi al trattamento in servizio dei lavoratori
I lavoratori dipendenti che abbiano maturato i requisiti minimi di cui all’art. 53, per l’accesso al pensionamento anticipato di cui al medesimo art. 53, possono rinunciare all’accredito contributivo della quota dei contributi a proprio carico relativi all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti e alle forme sostitutive e esclusive della medesima. In conseguenza dell’esercizio della predetta facoltà viene meno ogni obbligo di versamento contributivo da parte del datore di lavoro a tali forme assicurative della quota a carico del lavoratore, a decorrere dalla prima scadenza utile per il pensionamento prevista dalla normativa vigente e successiva alla data dell’esercizio della predetta facoltà.
Con la medesima decorrenza, la somma corrispondente alla quota di contribuzione a carico del lavoratore che il datore di lavoro avrebbe dovuto versare all’ente previdenziale, qualora non fosse stata esercitata la predetta facoltà, è corrisposta interamente al lavoratore.
Le modalità di attuazione del comma 1 sono stabilite con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottarsi entro trenta giorni dall’entrata in vigore della presente legge.
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Viene previsto per il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che abbia raggiunto, o raggiunga entro il 31 dicembre 2023, i requisiti per il trattamento pensionistico anticipato posti dalla disciplina transitoria (la cosiddetta quota 103), di richiedere al datore di lavoro la corresponsione in proprio favore dell'importo corrispondente alla quota a carico del medesimo dipendente di contribuzione alla gestione pensionistica, con conseguente esclusione del versamento della quota contributiva e del relativo accredito.
In sostanza il datore di lavoro verserà all’INPS solo la contribuzione a proprio carico, mentre la somma corrispondente ai contributi che avrebbe dovuto versare il dipendente verrà riconosciuta a quest’ultimo, determinando un aumento in busta paga.
Viene demandato a un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanarsi, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore (1° gennaio 2023) della presente legge, la definizione delle modalità attuative della norma in esame.
Art. 66 - Congedo parentale
Al comma 1, primo periodo, dell’art. 34 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono aggiunte alla fine le seguenti parole: “elevata per la madre lavoratrice, per la durata massima di un mese fino al sesto anno di vita del bambino, alla misura dell’80% della retribuzione”.
La disposizione di cui al primo periodo del presente comma si applica in riferimento alle lavoratrici che terminano il periodo di congedo di maternità di cui al Capo III del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, successivamente al 31 dicembre 2022.
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Entro il sesto anno di vita del figlio le lavoratrici dipendenti potranno fruire di un mese di congedo parentale retribuito all’80% a condizione che il periodo di congedo obbligatorio di maternità sia terminato successivamente al 31 dicembre 2022.
Secondo la norma di riferimento (Art. 34 decreto legislativo 26 marzo 2001, n.151), per i periodi di congedo parentale fruiti entro il dodicesimo anno di vita del figlio, a ciascun genitore spetta per tre mesi, non trasferibili, un’indennità pari al 30% della retribuzione.
Inoltre, i genitori hanno diritto, in alternativa tra loro, a un ulteriore periodo di congedo della durata complessiva di tre mesi, per i quali spetta sempre un’indennità pari al 30% della retribuzione.
Con la legge di bilancio 2023 si modifica quanto sopra e si prevede, per la sola lavoratrice madre, un incremento dal 30 all’80% dell’indennità di un mese di congedo da fruire entro il sesto anno di vita del bambino.
Va ricordato che il Dlgs 105/2022 ha migliorato la tutela della maternità e della paternità, aumentando da sei mesi a nove mesi totali il limite massimo dei periodi di congedo parentale indennizzati spettanti ai lavoratori dipendenti ed è stato anche ampliato l’arco temporale in cui è possibile fruire del congedo parentale indennizzato.
Dai 6 anni di vita del figlio (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento) lo si è portato agli attuali 12 anni.
Anche gli ulteriori periodi di congedo parentale indennizzabile del genitore con un reddito individuale inferiore a 2,5 volte l’importo del trattamento minimo di pensione a carico dell’assicurazione generale obbligatoria sono fruibili entro i 12 anni di vita del figlio o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione.
Attualmente la madre può fruire di massimo 6 mesi di congedo parentale per ogni figlio entro i primi dodici anni di vita o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento e il padre può fruire di massimo 6 mesi (elevabili a 7 mesi nel caso in cui si astenga per un periodo intero o frazionato non inferiore a 3 mesi) per ogni figlio entro i primi dodici anni di vita o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento.
Fiom-Cgil nazionale
Roma, 5 dicembre 2022