Pochi i commenti, apparsi dopo che l'Inail ha comunicato gli infortuni sul lavoro e il numero dei morti sul lavoro nel 2015, che hanno messo in luce una evidente contraddizione tra i dati, considerato che i morti sul lavoro sono aumentati a 1172 contro i 1009 lavoratori morti nel 2014, mentre le denunce complessive di infortuni sono diminuite passando alle 632665 del 2015 rispetto alle 658514 dell'anno precedente con un calo del 3,9%.
Questa contraddizione può essere spiegata solo con i comportamenti delle imprese che tendono a nascondere le denunce per infortuni.
I morti sul lavoro non si possono nascondere ma gli infortuni si, come avviene ormai da una decina di anni, con l'omissione delle denunce, che infatti diminuiscono del 23,9%, trasformandoli in malattia o usando i voucher, quando gli infortuni avvengono e non possono essere nascosti per nascondere invece il lavoro nero.
Il dato dell'aumento delle morti sul lavoro è gravissimo in quanto avviene dopo che nel periodo 2010/2014 si era assistito a una flessione del 24,2% e accompagnandosi a un sostanziale e reale aumento degli infortuni, anche se non vengono denunciati, per le pressioni, le minacce e ricatti nei confronti dei lavoratori da parte delle imprese.
La realtà ci consegna una condizione lavorativa che nella crisi generale sia per i nuovi processi lavorativi che si sono affermati che per la non applicazione delle procedure di sicurezza è gravemente deteriorata.
Questa drammatica realtà colpisce pesantemente tutto il settore industriale, in tutte i segmenti, con aumenti anche del 22% , mentre il solo segmento auto riscontra un contenuto aumento degli infortuni mentre aumentano le ore di assenza per malattia.
Gli elementi nuovi che emergono dai dati Inail sono anche l'aumento delle denunce per malattie professionali e l'esteso coinvolgimento negli infortuni dei lavoratori anziani, che costretti alla permanenza prolungata nel lavoro facilmente a causa dell'età incorrono nell'infortunio.
Il quadro che ci appare rappresenta una situazione determinata non dal caso ma dall'atteggiamento e comportamenti delle imprese attente solo agli incrementi sempre più elevati della produttività e totalmente disattente alla prevenzione e alla sicurezza e alla tutela della salute dei lavoratori.
Una situazione resa ancor più drammatica dalle politiche governative che stanno riducendo sempre più le risorse finanziarie per la prevenzione sia sul fronte della sicurezza sul lavoro che su quello della tutela della salute e del benessere dei cittadini e dei lavoratori.
Un Servizio Sanitario Nazionale che chiede sempre più ai cittadini il pagamento delle prestazione determina il venir meno dell'accesso universale alle cure mediche con la conseguenza del peggioramento della salute degli italiani e la riduzione della aspettativa di vita.
Il taglio delle risorse finanziarie alle Regioni sta facendo venir meno la capacità e l'efficienza dei Servizi di Prevenzione a cominciare da quelli sul lavoro, con la conseguenza che non ci sono quasi più i controlli nelle imprese e quando ci sono appaiono anche per la scarsa professionalità degli operatori, totalmente inefficaci.
Forse è arrivato il tempo che nei luoghi di lavoro si riapra una stagione di contrattazione collettiva sull'organizzazione del lavoro, sui carichi e ritmi di lavoro, sulle condizioni degli ambienti ove si lavora, sulla definizioni di procedure chiare che escludano il rischio lavorativo, che affermi la dignità dei lavoratori contro pressioni e ricatti di ogni genere.
Dai luoghi di lavoro deve anche partire una nuova vertenzialità territoriale che affermi la centralità dei servizi di prevenzione che devono essere mantenuti e valorizzati nelle scelte finanziarie delle Regioni.
La tutela della salute e della vita è un bene assoluto che deve essere difeso contro ogni scambio.