In tempi di crisi la democrazia è una pratica difficile. E dove la crisi batte più forte – come nel caso del Mezzogiorno italiano – un'elezione democratica dei rappresentanti dei lavoratori vale il doppio che altrove. Perché come ha recentemente ricordato lo Svimez nel suo rapporto annuale, il sud d'Italia “sta subendo un processo di desertificazione”, di cui la scomparsa dell'industria è parte rilevante. Con tassi di disoccupazione superiori al 20% - giovanile oltre il 50% - la Campania costituisce la punta di un iceberg fatto di declino economico e disgregazione sociale. In particolare nell'ultimo ventennio con le dismissioni dell'industria pubblica, le privatizzazioni e – da ultima – la crisi finanziaria iniziata nel 2008 negli Usa, la Campania è uno dei luoghi più dolenti di una sorta di “selezione della specie” che ha spazzato via interi comparti dell'economia nazionale e rischia di pagare più di altre regioni le conseguenze delle scelte macro-economiche: la vertenza Whirlpool e le minacce di chiusura che incombono sullo stabilimento di Carinaro sono lì a testimoniarlo.
Questo il quadro che incombe sulle elezioni per il rinnovo delle Rsu in Campania: inutile aggiungere altre parole per spiegare perché qui il voto procede più lentamente che al nord. Nell'ultimo anno sono state rinnovate 63 Rsu, coinvolgendo quasi 14.000 metalmeccanici, il 25% circa del totale degli addetti del settore. Nelle fabbriche in cui si è potuto votare liberamente – cosa che esclude, come si sa, gli stabilimenti ex Fiat – la partecipazione è stata alta: 12.511 votanti hanno eletto 238 delegati. In queste aziende la Fiom si conferma il primo sindacato con 4.388 voti pari al 35.1% e 123 delegati; al secondo posto la Uilm (29,3% e 72 delegati), terza la Fim (22,6% e 61 delegati); un altro 13,2% e 27 delegati sono andati ad altre sigle sindacali. Nella ripartizione per province il dato Fiom va dal 53% di Salerno (dove però la Fiom perde il 9% dei consensi rispetto alle elezioni precedenti) al 15,6% di Avellino (meno 0,9 sulla tornata precedente). La Fiom ha la maggioranza assoluta anche in provincia di Benevento (52,3% e meno 2,8 sulla volta scorsa), con il 34,5% (più 3 sulle elezioni precedenti) è il primo sindacato anche a Napoli, dove si è votato di più con 7.338 partecipanti, mentre nelle aziende di Caserta (con il 32,8% e la crescita di un punto percentuale) si piazza dietro alla Uilm.
Un dato coerente con quanto succede in tutta Italia è quello che riguarda il risultato delle liste Fiom rispetto alle dimensioni aziendali. In Campania – come nella più ricca Emilia Romagna – il consenso per i metalmeccanici della Cgil è più alto nelle piccole e medie imprese che nelle grandi. Prendiamo alcuni esempi a campione. All'Alenia di Pomigliano (2.000 dipendenti) la Fiom ha raccolto il 17,1% dei voti (perdendo il 2% rispetto alle elezioni del 2009, in una fabbrica nel frattempo dimagrita di quasi mille unità) ed è il secondo sindacato, superata dalla Uilm che ha il 44,4%; discorso analogo per lo stabilimento Alenia di Nola (900 addetti): Fiom al 16,1% (+2% sul 2009), Uilm al 39 e Fim al 27; anche all'Ansdaldo Breda (800 dipendenti) Fiom seconda con il 31,3% (+2%) questa volta dietro la Fim che ottiene il 42,5% dei voti. Al contrario alla Whirlpool di Napoli (584 addetti) la Fiom ha la maggioranza assoluta dei voti con 65,2% dei consensi e un più 2,1% sulle elezioni del 2010; anche alla Fincantieri di Castellamare di Stabia (600 dipendenti) la Fiom è largamente prima con il 44,8% di voti e un +12% rispetto al 2012; alla Sirti di Napoli (300 addetti) o alla Selex di San Giuliano la Fiom è davanti a tutti, rispettivamente con il 43,5% (+12%) e il 51,8% (+6,8). Poi ci sono una lunga serie di realtà più piccole che conferma queste tendenze e vede la Fiom largamente maggioritaria in quasi tutti gli stabilimenti sotto le 300 unità.
Commentando questo quadro, Maurizio Mascoli, responsabile organizzzativo della Fiom campana, sottolinea come la Fiom “si conferma il primo sindacato dei metalmeccanici campani. Crescendo soprattutto nelle aziende di medie dimensioni. Più complicata la situazione nelle grandi imprese e in particolare in quelle di Finmeccanica – come l'Alenia – dove però pesano anche aspetti non proprio limpidi, come i meccanismi di potere che coinvolgono altre organizzazioni sindacali nella gestione delle assunzioni e nell'assegnazione degli appalti. In questo senso va anche rilevato il calo della Fim e l'aumento del peso della Uilm – più pragmatica e aggressiva – capace di crescere nelle pieghe dell'aziendalismo”. Mascoli è comunque soddisfatto del livello di partecipazione democratica delle lavoratrici e dei lavoratori campani: “Per noi è molto significativo che tra i nostri eletti dell'ultimo anno molti siano giovani delegati alla prima esperienza, cosa che per noi rappresenta un investimento sul futuro”. Infine, rileva un aspetto particolare di questa tornata elettorale: “Nella crisi crescono i sindacati autonomi, espressioni di micro-corporativismi che si diffondono di fronte alle difficoltà sociali e alle mancate risposte del sistema politico, imprenditoriale e sindacale. Come è successo a Salerno, dove ex dirigenti confederali e anche della Fiom sono confluiti nella Cisal con consensi non irrilevanti in alcune aziende metalmeccaniche dove prima d'allora quel sindacato non esisteva”.
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