Dal 24 settembre 2015, data di pubblicazione in Gazzetta ufficiale del decreto sugli ammortizzatori sociali, sono entrate in vigore le modifiche introdotte con il “Jobs Act” che peggiorano gravemente le norme sulla cassa integrazione guadagni – ordinaria e straordinaria – e sui contratti di solidarietà.
In questi anni di crisi abbiamo contrastato i licenziamenti e salvaguardato occupazione e salario chiedendo alle imprese investimenti per garantire il futuro delle fabbriche e il ricorso agli ammortizzatori sociali come misura alternativa ai licenziamenti.
Ai tavoli di trattativa abbiamo conquistato gli accordi di solidarietà che hanno ridotto l'orario e redistribuito il lavoro, abbiamo contrastato l'uso unilaterale della cassa integrazione a zero ore, abbiamo contrattato integrazioni salariali a sostegno del reddito.
Il governo Renzi, con le nuove norme sugli ammortizzatori sociali introdotte con il “Jobs Act”, ancora una volta colpisce il lavoro:
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alle lavoratrici e ai lavoratori metalmeccanici, coinvolti – quando manca il lavoro, nelle crisi aziendali, nei processi di riorganizzazione e ristrutturazione aziendale – dalla cassa integrazione, riduce i periodi di cassa integrazione e peggiora la copertura salariale e previdenziale;
- alle aziende che devono ricorrere alla cassa integrazione aumenta i costi e, di fatto anche attraverso queste misure, agevola la strada ai licenziamenti collettivi.
Le nuove norme peggiorative sugli ammortizzatori sociali
1) Cassa integrazione: è ridotta la durata massima complessiva degli ammortizzatori ed è cancellata la cassa integrazione in caso di cessata attività dell'azienda o di un ramo d'azienda.
- A decorrere dal 24 settembre 2015 la durata massima complessiva del trattamento di cassa integrazione guadagni – ordinaria e straordinaria – non può superare i 24 mesi nel quinquennio mobile, prorogato a 36 mesi in caso di contratto di solidarietà;
- il quinquennio mobile decorre dal primo evento di cassa successivo al 24 settembre 2015;
- la durata della cassa integrazione ordinaria è formalmente confermata per un periodo massimo di 52 settimane nel biennio mobile ma in realtà è ridotta nel massimo delle ore integrabili: se si interrompe a zero ore tutta l'attività lavorativa dell'azienda il periodo massimo di ore autorizzabili corrisponde a 34,6 settimane. Questo perché la norma ha introdotto un nuovo limite: non possono essere autorizzate più di un terzo delle ore ordinarie lavorabili nel biennio mobile da tutti i lavoratori occupati in azienda;
- la cassa integrazione straordinaria è ridotta e viene prevista, nel quinquennio mobile, per un periodo massimo di:
- 24 mesi, anche continuativi, in caso di riorganizzazione aziendale;
- 12 mesi, anche continuativi, in caso di crisi aziendale e rinnovabili fino a un massimo di 24 mesi ma solo dopo una ripresa produttiva pari ad almeno i due terzi del periodo di cassa già usufruito;
- dal 1° gennaio 2016 non è più prevista la concessione della cassa integrazione in caso di cessata attività dell'azienda o di un ramo di azienda; solo a fronte di concrete prospettive di rapida cessione dell'azienda con riassorbimento dell'occupazione, e solo per gli anni 2016, 2017 e 2018, e solo in presenza di accordo in sede governativa, possono essere autorizzati dai ministeri del Lavoro e dello Sviluppo economico interventi di cassa integrazione per periodi rispettivamente di 12, 9 e 6 mesi;
- da settembre 2017 (24 mesi dopo l'entrata in vigore delle nuove norme) la cassa integrazione straordinaria sarà ulteriormente ridotta; è formalmente confermata per un periodo massimo di 24 mesi nel quinquennio mobile ma in realtà, in caso di utilizzo a zero ore per tutta l'attività lavorativa dell'azienda, è ridotta nel massimo delle ore integrabili. In questo caso il periodo massimo di ore autorizzabili corrisponde a 9,6 mesi ogni anno, perché la norma introduce un nuovo limite: non possono essere autorizzate più dell'80% delle ore ordinarie lavorabili nel periodo di ricorso alla cassa integrazione da tutti i lavoratori occupati in azienda.
2) Contratti di solidarietà: è stato ridotto il periodo complessivo, che passa da 48 mesi nel quinquennio fisso a 36 mesi nel quinquennio mobile, così come è stato ridotto il massimo delle ore integrabili individualmente e pesantemente ridimensionata l'integrazione salariale a favore del lavoratore; inoltre, il decreto cancella l'agevolazione contributiva prevista per le aziende che ricorrono al contratto di solidarietà:
- in caso di accordo sindacale con ricorso al Contratto di solidarietà, la durata complessiva del ricorso agli ammortizzatori non può superare i 36 mesi nel quinquennio mobile, di cui almeno 24 mesi di contratto di solidarietà;
- il decreto introduce un nuovo limite rispetto a quanto già previsto in materia di riduzione di orario di lavoro in solidarietà: per ciascun lavoratore la percentuale di riduzione complessiva dell'orario di lavoro non può superare il 70%;
- le nuove norme riducono, in modo molto consistente e per tutti i lavoratori, l'integrazione salariale. Con il decreto dal 24 settembre 2015 il trattamento di integrazione salariale in solidarietà sarà pari a quello in cassa integrazione: dall'attuale integrazione pari al 70% del salario individuale del lavoratore si riduce l'integrazione delle ore in solidarietà con l'introduzione del massimale previsto per la Cig.
3) Contribuzione: si fanno pagare di più le imprese che ricorrono alla cassa e si introduce il contributo, fino ad ora non previsto, per le aziende che ricorrono al contratto di solidarietà mentre, contestualmente, alle imprese vengono ridotti i contributi ordinari:
- il contributo versato ogni mese dalle imprese è stato ridotto: per la cassa ordinaria passa da 1,90% a 1,70% con una riduzione della contribuzione pari allo 0,20% sulla retribuzione imponibile, per la cassa straordinaria la riduzione della contribuzione a favore delle imprese è pari allo 0,30%;
- è stato introdotto un contributo addizionale per le imprese in caso di ricorso alla cassa integrazione calcolato sulla retribuzione lorda che sarebbe spettata al lavoratore pari al 9% sulla retribuzione imponibile nelle prime 52 settimane del quinquennio, al 12% nelle successive 52 settimane e al 15% se si superano le 104 settimane di ricorso agli ammortizzatori nel quinquennio.
4) Accordi in vigore al 24 settembre 2015: le disposizioni transitorie del decreto riducono i periodi delle integrazioni salariali anche per gli accordi già stipulati. In caso di accordo sindacale già stipulato che prevede un uso degli ammortizzatori oltre i nuovi limiti fissati dal decreto:
- la vecchia normativa continua a valere solo per accordi conclusi e sottoscritti in sede governativa entro il 31 luglio 2015 ma è necessario presentare domanda al ministero dello Sviluppo economico in tempi brevi ed ottenerne l'autorizzazione;
- per tutti gli altri accordi sindacali, non realizzati in sede governativa o realizzati in sede governativa dal 31 luglio fino al 24 settembre 2015, dallo scorso 24 settembre 2015 decorrono sia i nuovi limiti di cassa fissati dal decreto che il quinquennio mobile.
5) condizioni a cui è assogettato il lavoratore per aver diritto alla cassa integrazione guadagni: sono confermati i requisiti già previsti (aver maturato un'anzianità di effettivo lavoro pari ad almeno 90 giorni, la decadenza del trattamento in caso di mancata comunicazione preventiva quando il lavoratore svolge lavoro autonomo o subordinato durante il periodo di cassa integrazione) ma è introdotta dal decreto un'ulteriore “condizione”:
- in caso di sospensione o riduzione di orario superiore al 50% dell'orario di lavoro – calcolato sui 12 mesi – il lavoratore ha diritto all'integrazione salariale, se assolve le condizioni e gli obblighi previsti per il lavoratore in caso di disoccupazione, che sono i seguenti: i lavoratori sono convocati entro 60 giorni dal centro per l'impiego, devono sottoscrivere il patto di servizio personalizzato e definire, sulla base delle competenze e delle esperienze professionali, il profilo formativo individuale finalizzato alla loro occupabilità; inoltre, come per il lavoratore disoccupato, è previsto l'obbligo di partecipare a iniziative di carattere formativo, di riqualificazione o di politica attiva e ad accettare congrue offerte di lavoro.
Il decreto in parte conferma quanto già previsto dalle norme fino ad oggi: tutti i lavoratori dipendenti sono destinatari del trattamento di integrazione salariale, compresi gli apprendisti che hanno diritto alla cassa ordinaria e alla cassa straordinaria ma solo in caso di crisi aziendale; così come conferma l'obbligo dell'impresa all'anticipo delle integrazioni salariali alla fine di ogni periodo di paga prevedendo che solo in caso di serie e documentate difficoltà finanziarie e su espressa richiesta dell'azienda:
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la sede Inps territorialmente competente può autorizzare il pagamento diretto della cassa integrazione ordinaria;
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il ministero del Lavoro può autorizzare, contestualmente al trattamento di integrazione salariale, il pagamento diretto da parte dell'Inps della cassa integrazione straordinaria.
Ma introduce anche ulteriori modifiche peggiorative. Definisce che:
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dal 1° gennaio 2016 la cassa integrazione ordinaria è concessa dalla sede Inps territorialmente competente e non più dalle commissioni territoriali composte dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e delle imprese, che dalla stessa data non verranno più convocate e saranno sciolte;
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le parti dichiarino espressamente in fase di consultazione sindacale, in caso di ricorso alla cassa straordinaria, la non percorribilità della causale del contratto di solidarietà.
Inoltre, indebolendo e neutralizzando la possibilità per il lavoratore di rivalersi in tribunale contro l'azienda per ottenere la piena retribuzione persa e tutta la contribuzione, il decreto definisce:
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la sanzione della contribuzione aggiuntiva a carico delle imprese che non rispettano le modalità di rotazione tra i lavoratori sospesi;
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che l'azienda inadempiente, per omessa o tardiva domanda di cassa integrazione, abbia l'obbligo di riconoscere al lavoratore non l'intera retribuzione persa ma una somma pari all'integrazione salariale senza prevedere neppure il recupero della contribuzione persa dal lavoratore.
Fiom-Cgil nazionale
Roma, 1° ottobre 2015