Nel vocabolario italiano alla voce precarietà troviamo questa definizione: provvisorietà contrassegnata dall’attesa di un peggioramento.
Nella nostra provincia come in tutto il Paese nel corso del 2021 e del primo semestre del 2022 abbiamo assistito ad una forte crescita dei contratti di lavoro a termine e/o in somministrazione: secondo i dati Istat a giugno 2022 i lavoratori precari sono 3.138.000 il 22% del totale degli occupati.
Tutto questo a fronte di una forte crescita della nostra economia e di una conseguente elevata domanda di manodopera molto forte anche nella nostra provincia.
In questo ultimo periodo appare sempre più evidente che andremo incontro ad una fase di forte rallentamento della nostra economia motivata dalla crisi energetica da una forte inflazione con il conseguente calo dei consumi, che andranno ad unirsi al già esistente aumento delle materie prime e alle conseguenti difficoltà negli approvvigionamenti, viviamo in una economia di guerra con tutte le sue drammatiche conseguenze.
Nel settore metalmeccanico della nostra provincia si susseguono le richieste di attivazione della cassa integrazione guadagni e interi settori trainanti della nostra manifattura rischiano di subire un forte rallentamento dei volumi produttivi.
In tutto ciò i primi a pagare le conseguenze saranno le lavoratrici e i lavoratori con contratti a termine, e quando si parla di contratti a termine si parla dei lavoratori somministrati, che non vedranno prorogati i loro contratti e i primi segnali in merito cominciano ad arrivare. Quanto pesino sempre più anche sull’economia bellunese questi lavoratori e lavoratrici, lo si può dedurre confrontando la banca dati INAIL relativa agli occupati netti somministrati ad esempio al VI trimestre del 2019 ed allo stesso periodo del 2021: si passa dai 2012 del 2019 ai 4420 del 2021. Guardando al dato nazionale e confrontando i lavoratori somministrati complessivi al mese di dicembre, passiamo dai 406.580 del 2019 ai 515.491 del 2021- quasi 110mila in più - (a luglio 2022 i lavoratori somministrati sono 530.262). Di questi contratti solo 1/5 sono a tempo indeterminato. Tutto il resto è precarietà pura.
Così, nel corso del 2021 e della prima parte del 2022 le agenzie per il lavoro hanno beneficiato di un forte aumento dei loro introiti derivati dalla forte domanda proveniente dalle aziende metalmeccaniche che hanno aumentato il numero dei loro occupati per la quasi totalità con lavoratori precari.
Come Fiom e Nidil Cgil di Belluno chiediamo al sistema delle imprese e alle agenzie per il lavoro che a pagare per primi il prezzo della crisi non siano i lavoratori precari, e saremo impegnati azienda per azienda ad impedire che questo avvenga.
Se da un lato chiediamo al sistema politico di modificare la legislazione esistente perchè il lavoro diventi più stabile e sicuro, ed è una richiesta che avanzeremo a livello nazionale al nuovo governo, dall’altro è indispensabile che le aziende metalmeccaniche bellunesi e le Agenzie per il Lavoro aprano tavoli di confronto con le organizzazioni sindacali per trovare soluzioni che evitino l’uscita di centinaia di lavoratori precari oggi occupati.
Occorre avviare processi di stabilizzazione dei lavoratori da più lungo tempo occupati e, in concerto con le Agenzie per il Lavoro, attivare gli strumenti di ammortizzatori sociali disponibili per transitare il periodo di crisi.
Le aziende hanno beneficiato di un periodo di forte crescita dei loro margini di guadagno anche grazie, per larga parte, al lavoro dei lavoratori in somministrazione ed ora insieme a noi e alle loro associazioni di categoria devono impedire che i primi a pagare il prezzo della crisi siano loro, anche impegnandosi ad integrare la cassa integrazione per non ridurre ulteriormente i redditi di chi lavora.
Non possiamo accettare in alcun modo la narrazione che quando le cose vanno bene i lavoratori non si trovano, per colpa del reddito di cittadinanza, e alla prima soffiata del vento della crisi siano i primi a subirne le drammatiche conseguenze.