Avevamo espresso un giudizio positivo sulla decisione del Governo di inserire Porto Marghera e il comune di Venezia nelle aree di crisi complessa. In questo modo Marghera, al pari di altri territori, tornava al centro dell’attenzione politica e del governo per il rilancio degli investimenti, per aumentare l’occupazione, confermando in questo modo la vocazione produttiva della più grande ed attrezzata area industriale d’Europa. Sembrava una scelta dettata soprattutto dalla necessità di orientare e diversificare l’economia veneziana oggi fortemente sbilanciata sul turismo.
Con il Decreto sulle aree di crisi complessa sembrava di intravedere la volontà del governo di intervenire sulle tendenze degenerative in atto a Venezia, una città fin troppo disponibile a sacrificare tutto al turismo con conseguenze sociali ed economiche pesantissime a partire dall’inesorabile spopolamento del centro storico, dalla chiusura di attività produttive sostenibili a Venezia come a Marghera, dalla riduzione dei servizi pubblici e di welfare per i cittadini.
Apprendiamo invece, in questi giorni, che il Governo pare deciso a sostenere la tesi dello spostamento delle grandi navi nelle aeree industriali di Porto Marghera, a ridosso di insediamenti produttivi importanti quali la Bioraffineria, la Pilkington, la Simar e la Fincantieri, dando la stura ad un cambio di destinazione d’uso delle aree di Marghera da industriale a turistico-commerciale.
Pensare di spostare le grandi navi a Marghera è una scelta sbagliata che se praticata asseconda il progetto di chi punta ad un ulteriore allargamento delle attività turistiche in centro storico e fino a Marghera, ad aumentare l’economia turistica in una città già oggi fortemente segnata dall’afflusso di oltre 30 milioni di turisti all’anno e dalla continua espansione dell’offerta turistica anche in terraferma.
Inoltre l’eventuale trasferimento delle grandi navi a Marghera pregiudica il futuro e lo sviluppo delle attività industriali esistenti mettendo a rischio l’occupazione degli oltre 7.000 addetti attualmente occupati nel settore industriale in Fincantieri, in Simar, in Ilva, in Mecnafer e nel comparto chimico-vetraio, ponendo altresì problemi anche dal punto di vista ambientale per lo scavo di nuovi canali che compromettono ulteriormente l’equilibrio morfologico della laguna.
Se anzichè rilanciare gli investimenti produttivi e fare di Marghera un laboratorio per l’innovazione e di Industria 4.0, con l’immissione di nuove tecnologie e con un proficuo rapporto con l’università e la ricerca, si usa Marghera per allagare ulteriormente l’economia turistica a danno del lavoro industriale esistente, ciò non risponde agli interessi della città e dei lavoratori ma solo delle grandi società crocieristiche che gestiscono il grande business del turismo a Venezia.
Per tutte queste ragioni la FIOM CGIL esprime il proprio dissenso al trasferimento delle grandi navi a Marghera e chiede al Governo e ai Ministri competenti di cambiare impostazione e di aprire un tavolo di confronto per tradurre coerentemente le linee di indirizzo del Decreto Legge sulle aree di crisi complessa in scelte concrete di politica industriale e di sviluppo per Porto Marghera e per l’insieme del territorio comunale. Un tavolo di confronto che abbia al centro il tema del consolidamento delle attività industriali esistenti, dei nuovi investimenti produttivi, dell’occupazione.
A questo senso di responsabilità e di visione vanno chiamati tutti i livelli istituzionali, dal Comune fino al Governo, ma anche le stesse forze politiche veneziane e nazionali cui spetta il compito di favorire progetti industriali credibili ed investimenti utili ad aumentare l’occupazione e ad impedire che le aree di Marghera siano trasformate in aree turistiche a danno dei lavoratori e della città.
FIOM Veneto – FIOM Venezia
30 Ottobre 2017