Ci fa piacere che la Regione Toscana nella sua idea di piano di sviluppo per il futuro preveda molti investimenti, la diminuzione dei poveri, l'aumento dell'occupazione ed il mantenimento del peso dell'industria. Ma quale industria si pensa per il futuro? Quale crescita necessiterebbe per tornare ai livelli pre crisi? Ovviamente manca una politica industriale nazionale, ma ci resta incomprensibile sul come si possano fare annunci di aumenti occupazionali per i prossimi anni, visto che non riusciamo a tutelare i posti di lavoro esistenti. Durante gli anni della crisi la Toscana forse avrà sicuramente retto meglio di altre regioni, ma la crisi non è finita assolutamente e non ci sono più neanche adeguati ammortizzatori sociali per gestirla ed affrontarla.
Come la Regione sa bene, siamo al declino industriale in Toscana come nel resto del paese. Riconosciamo l'impegno e l'attività che la regione svolge, ma purtroppo l'emorragia di posti di lavoro non si sta arrestando e parte del patrimonio industriale e' a rischio.
Intanto bisognerebbe tutelare il sistema industriale che ancora abbiamo e capire come tante imprese possono superare e uscire dalla crisi, visto quanto ancora e' imponente il continuo ricorso agli ammortizzatori sociali. Ogni posto di lavoro a tempo indeterminato perso difficilmente si ricrea! E quando questo avviene si hanno meno garanzie, meno tutele e salari inferiori. Le grandi industrie che oggi risentono di una minima ripresa intanto sono passate per la gran parte da processi di ristrutturazione, hanno ridotto il personale e distrutto parte dell'indotto. Siamo molto soddisfatti dell'acquisto del forno elettrico alla Lucchini e delle prospettive di ripresa, ma nel frattempo è stato spento il forno fusorio di rame più importante in Italia alla Kme di Fornaci di Barga, e attendiamo un piano di rilancio da tempo che ad oggi stenta a intravedersi. La Piaggio e' interessata dagli ammortizzatori sociali e l'indotto legato alle due ruote della Val D'Era rischia un pesante ridimensionamento e grave perdita occupazionale.
Vi sono state anche aziende che hanno investito ed hanno piani di sviluppo in Toscana, ma il panorama complessivo segna ancora una condizione di crisi pesante. Verso interi settori, a cominciare dalla nautica, manca poi una strategia regionale complessiva su come si colloca la Toscana all'interno del mediterraneo. Nella nautica sono stati persi migliaia di posti di lavoro, sono chiuse centinaia di piccole imprese del settore, si sono distrutte professionalità fondamentali e, alcuni cantieri nautici che sono tra i primi marchi al mondo, versano in gravi difficoltà e rischiano di non farcela. Peraltro nel settore nautico la regione avrebbe anche competenze specifiche, come a Viareggio, l'unico porto regionale di rilievo, ed invece anche le ultime scelte compiute sulle aree pubbliche dove risiedono importanti imprese nautiche lasciano proprio a desiderare.
Bisogna anche avere il coraggio di fare scelte decise per favorire lo sviluppo, come quello di revocare le concessioni a chi occupa spazi pubblici nella nautica e non produce. D'altronde la crisi richiede anche un diverso approccio rispetto al passato.
Il settore delle telecomunicazioni, dove si intrecciano appalti su appalti e che in Toscana comunque da lavoro a migliaia di lavoratori, se non governato, in attesa del maxi appalto legato alla fibra ottica, rischia una situazione di dumping sociale e tagli occupazionali.
Così come il settore legato all'oro ad Arezzo, dove ruotano circa settemila addetti nelle oltre 500 imprese , purtroppo non versa in una condizione di stabilità e può presentare rischi tenuta. La componentistica auto che era concentrata per la gran parte nella zona di Livorno e' stata fortemente ridimensionata anche a seguito di chiusure di importanti aziende come Trw. Gli annunci di chiusure o spostamenti produttivi non si fermano, l'ultima in ordine di serie l'azienda Carlo Colombo a Pisa, la Cerpelli di Querceta ha chiuso, la Smith a Volterra dopo il salvataggio in extremis e la perdita di oltre cento posti di lavoro, sta utilizzando la cassa integrazione per i 78 lavoratori rimasti.La Toscana e' anche terra dove vi sono Startup innovative, importanti industrie all'avanguardia come quelle del panorama Finmeccanica, la Nuova Pignone, le industrie del meccano cartario in lucchesia, ma il cuore dell'industria regionale e' comunque ad un passaggio strutturale della nostra storia economica ed un pezzo rilevante, se non vi saranno piani di salvataggio specifici, e' seriamente a rischio. Servono analisi approfondite, se perdiamo gli asset che hanno fatto la storia della grande industria, non solo non vi saranno garanzie occupazionali, ma vi sarà un impoverimento complessivo e ci batteremo affinché ciò non avvenga.
Massimo Braccini, segretario generale Fiom Toscana
Firenze, 05 maggio 2016