Simone Vecchi, segretario Fiom Cgil Reggio Emilia “Rafforzare il contratto nazionale e rilanciare i salari”
“Aumentano i profitti mentre i salari non crescono. I fatti hanno la testa dura e i bilanci delle aziende metalmeccaniche reggiane dicono inequivocabilmente che negli ultimi tre anni gli utili sono cresciuti ad una velocità tre volte superiore quella dei salari”. Così la Fiom Cgil di Reggio Emilia alla presentazione, questa mattina, di una ricerca condotta analizzando i bilanci di oltre tremila aziende reggiane.
Dopo la firma del contratto nazionale del 2016 i sindacati dei metalmeccanici si aspettavano maggiore disponibilità alla contrattazione aziendale da parte delle imprese ma oggi, conti alla mano, devono constatare che non è aumentata né la massa salariale contrattata nelle aziende né è aumentato significativamente il numero di contratti di secondo livello stipulati.
Nel frattempo però la gran parte delle aziende metalmeccaniche reggiane ha accumulato utili come non si vedeva da circa 10 anni.
“Con il contratto nazionale del 2016 abbiamo raccolto la sfida della Federmeccanica per cui la ricchezza avrebbe dovuto essere distribuita solo dove viene prodotta, cioè con la contrattazione aziendale – ha spiegato Simone Vecchi, Segretario generale della Fiom di Reggio Emilia - ma i numeri dicono che la promessa non è stata mantenuta”.
La Fiom di Reggio, insieme all’Ufficio Bilanci della Camera del Lavoro, ha analizzato oltre 3mila bilanci delle aziende metalmeccaniche reggiane con almeno un addetto sul territorio reggiano, negli ultimi 4 anni.
Questo tipo di ricerca è una novità assoluta nel nostro territorio. A Reggio prima d’ora nessuno aveva mai svolto una analisi con questo livello di approfondimento ed estensione, mettendo in relazione l’andamento della condizione economica delle aziende reggiane alle condizioni di lavoro.
Dall’analisi commissionata dalla Fiom Cgil di Reggio emerge che vi è una netta divaricazione tra utili e salari a vantaggio dei primi: dal 2015 nelle aziende metalmeccaniche reggiane il costo del lavoro totale è aumentato del 24% mentre gli utili sono cresciuti del 72%. Lo stesso dato emerge anche analizzando i bilanci delle imprese in cui sono stati firmati contratti aziendali cosi come nel campione delle 695 aziende con almeno un addetto.
“Un dato su tutti dimostra che non c’è stata la redistribuzione promessa: la quota di valore prodotto che va al lavoro è diminuita di 3,55 punti percentuali mentre la quota che va agli utili è aumentata di 6 punti – ha sottolineato Matteo Gaddi che per la Fiom ha curato l’analisi - è evidente uno spostamento secco di ricchezza dal lavoro al capitale”.
“Occorre rafforzare il contratto nazionale e riconoscere aumenti superiori all’inflazione - ha continuato Vecchi -perché l’attuale modello aumenta le disuguaglianze e va cambiato”.
Per questo motivo, ha concluso Marco De Simone, Segretario organizzativo della Fiom reggiana “chiediamo un aumento salariale dell’8% nel rinnovo del contratto nazionale. Le imprese hanno la possibilità di evitare il progressivo impoverimento dei loro dipendenti, consapevoli tutti che la questione salariale in Italia è la principale causa della stagnazione che attanaglia il Paese da anni”.
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