Con gli ammortizzatori sociali si può superare il 2020, ma per il dopo occorre un programma per il mondo dell’auto. Un piano di rilancio i cui punti cardine devono essere l’ambientalizzazione delle produzioni, delle fabbriche e dei prodotti, la tutela delle lavoratrici, dei lavoratori e dei salari, la riforma degli ammortizzatori sociali e il mantenimento della capacità di ricerca-sviluppo e produzione. A colloquio con MF-Milano Finanza, Michele De Palma, nazionale Fiom-Cgil e responsabile automotive, spiega le ragioni della lettera inviata al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, per chiedere un intervento del governo, a sostengo del settore, come avvenuto in altri Paesi. Un messaggio accompagnato da un documento nel quale i metalmeccanici della Cgil chiariscono anche quali sono le certezze che vorrebbero avere da Fiat-Chryler ora che il Lingotto è impegnato nella fusione con Psa e in attesa del decreto dopo l’ok di Intesa San Paolo e Sace sul prestito da 6,3 miliardi richiesto dalla casa automobilistica. Nel dettaglio nessuno scorporo o cessione di attività, mantenimento del numero degli occupati per 5 anni, investimenti in ricerca e sviluppo, partecipazione dei lavoratori alle decisioni. «Fca si era impegnata a 5 miliardi di investimenti nel Paese, ma già da prima dell’emergenza Covid-19 non abbiamo visto la piena occupazione», sottolinea De Palma, «il tema è come Fca intenda modificare il proprio piano in linea con l’evolvere del mercato e se abbia intenzione di investire in ricerca e nella produzione di nuovi modi di mobilità».
I numeri del dossier allegato alla lettera a Conte vanno però oltre i discorsi con il Lingotto. Ad aprile 2020 c’è stato un crollo delle immatricolazioni rispetto allo stesso mese del 2019: -97,5% per le auto, -90% per i veicoli commercili, -62%% per gli autocarri. Se invece si guarda alla produzione il calo è del 64% tra marzo e febbraio. Anche nella filiera il ricorso alla cassa integrazione è massiccio.
Per la Fiom occorrono quindi piani come quello francese da 8 miliardi o quello da 5 miliardi dei francesi. «Servono misure per immettere nel mercato quanto già prodotto e stoccato nei magazzini . Ben vengano inoltre gli incentivi all’auto elettrica, ma occorrerebbe ripensarli e *modellarli sulla base dei redditi, * così da ampliare la platea di quanti si possono permettere veicoli elettrici e ibridi», aggiunge De Palma, «allo stesso tempo anche le pubbliche amministrazioni dovrebbero rinnovare la propria flotta, con vetture di nuova generazione, autobus a trazione alternativa, prodotti in Italia. D’altronde oggi il mercato è di fatto diviso al 50 e 50 tra privati e flotte, ma non sappiamo ancora come evolverà dopo covid». Di una cosa invece è certo: «il tempo a disposizione non è molto». L’emergenza sanitaria non è ancora terminata e c’è la fusione Fca-Psa in atto, operazione nella quale Fca vedrebbe bene anche una presenza dello Stato italiano per bilanciare le quote francesi.
Infine il tema della riconversione: la piena occupazione passa anche dal ripensamento della filiera anche guardando ai servizi di «micromobilità necessari nelle città»
Articolo di Andrea Pira pubblicato su MF-Milano Finanza del 5 giugno 2020