Lavorare in Fiat per le donne e soprattutto per quelle che hanno figli è sempre stato difficile; nell'era Marchionne diventa quasi impossibile. Questo è il messaggio che arriva dalla vicenda di Giorgia Calamita, operaia assunta alla Sata di Melfi nel 1992 e in seguito “terziarizzata” alla Fenice (che alla Fca di Melfi fornisce servizi eco-energetici). Da quando è rientrata dalla maternità ha dovuto fare i conti con lo stalking quotidiano e con il demansionamento. Fino al provvedimento di trasferimento presso la sede di Chivasso (Torino), a 1.000 chilometri di distanza da casa. Contro questa situazione Giorgia Calamita è ricorsa alla magistratura ordinaria. Oggi è prevista la prima udienza del procedimento che la riguarda presso il Tribunale di Potenza, le cui ragioni sono state spiegate in una conferenza stampa dal collegio legale.
Sulla vicenda è stata presentata un'interrogazione parlamentare da parte del senatore Giovanni Barozzino, capogruppo di Sel in commissione lavoro, firmata da numerosi senatrici e senatori di altri gruppi parlamentari. A sostegno delle ragioni dell'operaia di Melfi è anche intervenuta con una nota Livia Turco, Presidente della Fondazione Nilde Iotti.
In allegato:
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l'interrogazione parlamentare,
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la dichiarazione di Livia Turco,
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l'intervento sulla questione della vicepresidente del Senato Valeria Fedeli,
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la ricostruzione della vicenda a cura del collegio che rappresenta in giudizio Giorgia Calamita.
Fiom-Cgil/Ufficio Stampa
Roma, 22 luglio 2015