La ragazza ebrea uccisa nella sua casa a Kyriat Arba giovedì scorso è l'ennesima vittima della violenza e dell'odio nelle terre di Palestina e Israele (320 palestinesi e 33 israeliani uccisi da Ottobre 2015 secondo l'agenzia NENA news)
Non vogliamo aggiungere retorica alle condanne di circostanza che vengono anche da chi porta pesanti responsabilità per la situazione che si è determinata in questi luoghi.
E' orrendo che un ragazzo di 17 anni uccida una ragazzina inerme di 13 anni, ma soprattutto è orrendo che lo faccia pensando di rivendicare diritti e libertà per il suo popolo.
E' immorale che un ministro del governo israeliano deplori questo omicidio imputandolo al clima di odio che sarebbe istigato solo dai palestinesi.
In Israele e Palestina la radice della violenza e dell'odio si trova nella occupazione e soprattutto nella colonizzazione israeliana dei territori palestinesi. Una colonizzazione che procede ininterrotta da oltre 50 anni che si manifesta con una politica di espulsioni, espropri arbitrari, demolizioni di case come forma di punizione collettiva verso la popolazione palestinese. Una politica che in altri contesti avremmo definito di pulizia etnica, e che qui invece, mascherata come misure per garantire la sicurezza di Israele, viene tollerata dalla comunità internazionale che ne ha dichiarato ripetutamente la illegittimità sul piano del diritto internazionale, ma che si arrende all'arroganza israeliana accettandola come fatto compiuto, e si mostra indifferente alle persistenti e documentate violazioni dei diritti umani e civili della popolazione palestinese. (vedi i rapporti della Commissione Diritti Umani delle Nazioni Uniti oltre a quelli di tante OnG indipendenti)
Oggi nel Governo di Israele siedono in ministeri chiave come quello della difesa esponenti dei partiti nazionalisti e di estrema destra, e nel paese si stanno affermando politiche discriminatorie e forme di vera e propria apartheid nei confronti della popolazione arabo israeliana e palestinese. Sempre più spesso in Israele si svolgono manifestazioni pubbliche molto partecipate promosse da movimenti nazionalisti e di coloni israeliani che rivendicano la espulsione / eliminazione degli arabi e la annessione a Israele di tutta la Palestina. In questo contesto ogni prospettiva di pace sul principio dei due stati indipendenti è preclusa.
Possiamo e dobbiamo denunciare e combattere ogni forma di terrorismo, ma non dobbiamo dimenticare che in Palestina il terrorismo è arrivato con le bombe dei nazionalisti ebrei contro i villaggi palestinesi e contro l'esercito britannico. Che da 1948 fino ad oggi la progressiva occupazione israeliana, oggi estesa di fatto al 90% della Palestina storica ha fatto dei Palestinesi un popolo di profughi. Così come non possiamo dimenticare che l'ultimo capo di Governo Israeliano che ha provato seriamente a concludere una pace vera con i palestinesi (Rabin), è caduto ucciso per mano di un estremista ebreo cittadino israeliano.
Certo ci sono anche le responsabilità delle leadership palestinesi, e dei paesi arabi, ma la questione essenziale che ha precipitato la Palestina e Israele in questa situazione che pare senza uscita, che ha scavato fra i due popoli un solco profondo di odio e paura, è l'occupazione e la colonizzazione dei territori palestinesi, con il corollario di sequestri e distruzione di abitazioni, umiliazioni, punizioni collettive di cui l'esercito occupante è responsabile.
La pace in Palestina/Israele ha una possibilità solo se la comunità internazionale adotterà misure efficaci per porre fine alla colonizzazione dei territori palestinesi, arrivando a sanzionare il Governo israeliano per la sua aperta violazione delle risoluzioni ONU e del diritto internazionale per questa occupazione e per la negazione di diritti umani fondamentali.
Noi come FIOM abbiamo avanzato proposte per sanzioni economiche ad Israele da parte della comunità internazionale e della UE e sosteniamo le campagne BDS per il boicottaggio in particolare di quelle imprese che alimentano e/o beneficiano del sistema della occupazione e colonizzazione.
Ci piace pensare che la cultura e l'arte nelle loro diverse espressioni possano contribuire a costruire ponti e abbattere muri, e per questo non chiediamo che Ravenna Festival cancelli lo spettacolo della compagnia di ballo israeliana, solo ci piacerebbe che fosse data anche ad artisti palestinesi una analoga opportunità, e che magari da un festival dedicato a Nelson Mandela si levasse forte una voce per l'abbattimento del muro della vergogna in Palestina e contro ogni forma di discriminazione e di apartheid, in Israele e ovunque nel mondo.
FIOM-CGIL di Ravenna
Ufficio Internazionale FIOM-CGIL
Ravenna, 3 luglio 2016